Ezio Mauro su “la Repubblica” (16.9.24) scrive che Matteo Salvini, vice Presidente del Consiglio, sottoposto a processo penale per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio (tenne su una nave soccorritrice 147 persone salvate dalla ONG Open Arms), ha proclamato la sua difesa dei sacri confini in un video, “come se dettasse l sua lapide ai posteri davanti al tribunale della storia.” Il Procuratore ha richiesto una condanna di sei anni di reclusione, sostenendo che tali azioni non rientrano nella legittima difesa dei confini, ma violano i diritti umani e il diritto marittimo internazionale, suscitando reazioni indignate da parte della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del suo vice, Antonio Tajani.
Anche dal Presidente del Senato, La Russa, seconda carica dello Stato, è arrivato un monito per la magistratura, colpevole di interpretare le leggi piuttosto che applicarle. Le opposizioni, di parere diverso, reclamano il rispetto del potere giudiziario e la sua indipendenza.
Restando sul terreno politico appare davvero curioso che Matteo Salvini sostenga la Russia di Putin, i suoi cannoni ed i suoi soldati invasori, piuttosto che i sacri confini dell’Ucraina invasa. Circostanza questa che regala elementi di giudizio sulla coerenza del Ministro e la sua fedeltà della difesa dei sacri confini, a meno che essi non siano un privilegio italico.
La cornice di emergenza bellica, che Ezio Mauro pone in risalto, commentando le scelte del governo e della sua maggioranza, induce a chiedersi se la difesa dei sacri confini della patria debba essere lasciata alle consuetudini, regole, leggi ormai fuori dalla realtà. L’Italia non subisce alcuna invasione dei suoi confini, come è toccato all’Ucraina, invasa dalla Russia di Putin, ma è semplicemente la sponda più vicina, più sicura e più vasta per coloro che scappano da guerre, fame e despoti. Chi cerca di arrivare in Italia è disarmato, non vuole invadere, ma vuole rifugio, accoglienza, protezione, spesso…una servitù di passaggio per raggiungere altri paesi. Che senso ha, dunque, rivendicare la difesa dei sacri confini, come se il Paese stesse subendo l’attacco del nemico? Piuttosto che i sacri confini occorre semmai proteggere i sacri diritti umani, che non pare abbiano guardiani leali al vertice delle istituzioni.
La questione della “difesa dei sacri confini” evoca un immaginario che affonda le sue radici nel concetto di sovranità statale e nella protezione dei confini nazionali contro le minacce esterne, spesso associate a invasioni militari o violazioni territoriali. Storicamente, la difesa dei confini è stata una delle prerogative fondamentali degli Stati sovrani. Tuttavia, il contesto contemporaneo, caratterizzato da flussi migratori di persone in fuga da conflitti, povertà e instabilità politica, pone nuovi interrogativi su come interpretare e applicare questo concetto.
Un rapido excursus nel passato. Il concetto di difesa dei confini risale a tempi antichi. Nel Medioevo, le città-stato italiane, così come gli imperi europei, si preoccupavano della difesa dei loro confini da eserciti invasori o bande di predoni. Con l’affermazione dello Stato moderno e la codificazione del diritto internazionale, soprattutto a partire dalla Pace di Westfalia del 1648, i confini nazionali sono diventati simboli inviolabili della sovranità. Il concetto di difesa dei confini ha assunto un ruolo centrale nei trattati di pace, nei protocolli diplomatici e nelle guerre di difesa nazionale.
Nel corso del XIX e XX secolo, con l’affermarsi delle nazioni-stato, i confini sono stati ulteriormente sacralizzati attraverso la retorica patriottica e nazionalista. Le due guerre mondiali hanno visto i confini europei continuamente ridisegnati e difesi con il sangue di milioni di persone, un segno tangibile della loro importanza geopolitica.
In un’era di globalizzazione e crisi migratorie, la questione dei confini assume una nuova connotazione. La difesa dei confini non è più esclusivamente una questione di sicurezza nazionale contro invasioni militari, ma include aspetti legati alla gestione delle migrazioni, alla protezione dei diritti umani e al rispetto del diritto internazionale.
Nel caso italiano, il Mediterraneo rappresenta una delle principali rotte migratorie per persone che fuggono da guerre, persecuzioni e crisi economiche in Africa e Medio Oriente. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), solo nel 2022, circa 100.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo centrale per cercare rifugio in Europa. L’Italia, data la sua posizione geografica, è stata uno dei principali punti di sbarco per questi migranti.
Nel caso specifico di Matteo Salvini, la difesa dei “sacri confini” è stata invocata in un contesto di migrazioni irregolari e operazioni di salvataggio in mare da parte di ONG. Salvini, come Ministro dell’Interno nel 2019, adottò una politica di “porti chiusi”, impedendo alle navi delle ONG, come la Open Arms, di sbarcare i migranti salvati in mare, accusando tali operazioni di incoraggiare l’immigrazione irregolare.
Il processo penale in corso si basa sull’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, poiché il ministro avrebbe impedito lo sbarco di 147 migranti, trattenuti a bordo della Open Arms per giorni in condizioni di estrema difficoltà.
Il richiamo alla difesa dei “sacri confini” sembra rispondere a una narrazione populista che contrappone la sovranità nazionale e la sicurezza interna alla protezione dei diritti umani dei migranti. Questa tensione tra il potere esecutivo e il potere giudiziario riporta alla luce dibattiti sulla separazione dei poteri, sull’indipendenza della magistratura e sul ruolo delle istituzioni democratiche nella tutela dei diritti.
Se nel passato la difesa dei confini attribuiva il diritto alla nazione di difendersi da eserciti invasori, oggi potrebbe essere necessario riconsiderare questa nozione alla luce del rispetto dei diritti umani, sanciti anche dalla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione di Ginevra sui Rifugiati del 1951, che impongono agli Stati membri di proteggere coloro che richiedono asilo. La difesa dei “sacri confini” deve essere bilanciata con la protezione dei diritti umani e l’osservanza del diritto internazionale. L’Italia non è oggetto di un’invasione militare, ma piuttosto di un fenomeno migratorio che richiede una gestione complessa e responsabile, che contempli non solo la sicurezza nazionale ma anche la solidarietà e il rispetto dei diritti fondamentali.







