Il governo italiano nasce da una maggioranza di centrodestra, che poggia su una coalizione di tre partiti, Fratelli d’Italia, che vanta i maggiori consensi elettorali, Forza Italia e la Lega. C’è invero un’altra gamba, Noi Moderati, che però esprime una piccola minoranza di elettori e non fa testo. Sono i tre schieramenti politici principali a dettare la rotta. Negli appuntamenti elettorali la coalizione si presenta unita e nelle consultazioni elettorali locali non ha tracolli, anzi; all’interno della coalizione, tuttavia, qualcosa sembra cambiare. Fratelli d’Italia ha denunciato qualche cedimento, Forza Italia si è rafforzata, seppur lievemente, mentre la Lega ha subìto un tracollo vertiginoso, ben trenta punti percentuali alle urne umbre.
L’elettorato di centrodestra ha premiato, generalmente, gli schieramenti che compongono la coalizione, giusto com’è avvenuto nell’opposizione di centrosinistra, che ha registrato eguali spostamenti al suo interno a favore del Partito Democratico e penalizzato il Movimento 5 Stelle, lasciando sostanzialmente stabili le piccole restanti formazioni di centrosinistra e di centro.
Il contesto politico segnala, dunque, una certa stabilità, talché sono in tanti a credere che l’attuale governo reggerà fino alla fine della legislatura, nonostante i contrasti interni, rispettando i tempi istituzionali, circostanza questa che costituisce una rarità e può essere spiegata, oltre che al consenso maggioritario ottenuto dai partiti della coalizione al governo, anche da una legge elettorale che penalizza fortemente gli schieramenti “non schierati”, cioè sprovvisti di alleanze elettorali. Le regole dell’attuale legge elettorale premiano infatti le coalizioni in modo significativo; il centrosinistra non avrebbe vinto le elezioni due anni or sono, ma non avrebbe regalato una comoda inattaccabile maggioranza nelle due Camere del Parlamento italiano ai suoi avversari.
Il valore politico della coalizione si può apprezzare in occasione delle consultazioni elettorali e nell’attività parlamentare. Le posizioni diverse su singole materie e in particolari circostanze possono essere ammortizzate dai numeri in aula che non incoraggiano la rendita di posizione. I tre partiti di governo possono manifestare, come avviene costantemente, differenti orientamenti su materie di maggiore rilevanza: politica estera, collocazione politica europea, fisco e, recentemente, sulla finanza (banche) e servizio pubblico radiotelevisivo (canone Rai), materia quest’ultima solo apparentemente di modesta rilevanza, e non provocare alcunché.
L’aspetto certamente più eclatante riguarda il posizionamento diverso dei partiti di governo nel parlamento europeo e nel rapporto con la Russia di Putin, (il governo sostiene l’Ucraina, invasa dai soldati russi, mentre la Lega giura fedeltà al capo del Cremlino). La quotidianità fa registrare una dissonanza costante fra le posizioni del leader della Lega, Matteo Salvini, e Forza Italia, in occasioni di grande impatto politico, come il rispetto delle decisioni della Corte di Giustizia dell’Aia, fortemente voluta dall’Italia tanto da passare alla storua come il “Trattato di Roma”. Dopo il mandato di arresto deliberato dalla Corte sul capo del governo israeliano, Bibi Netaniahu, Salvini, vioce presidente del Consiglio dei Ministri, provocatoriamente, lo ha invitato in Italia. Sarebbe lunga la lista delle diversità di vedute, senza provocare terremoti nelle consultazioni elettorali.
La domanda che ci poniamo, perciò, è la seguente: la diversità politica ottiene alle urne maggiore consenso che una coerente azione di governo? Pur costituendo un oggettivo ostacolo alla stabilità, alla governabilità ed a una coerente azione di governo, l’elettorato non la punisce, attribuendola forse ad una condizione fisiologica dei partiti italiani, storicamente figli di una legge elettorale proporzionale e di coalizioni di governo affollate, instabili e litigiose.
Più che un sistema politico collaudato il nostro è un corpo politico, che possiede agli antidoti per convivere con la disomogeneità. Le convergenze parallele – uniti per stare ognuno per conto proprio – della Prima Repubblica fanno parte del Dna italico, oggi sono adottate dal centrodestra, né poteva essere altrimenti.