C’è chi a provato a star dietro alle menzogne quotidiane del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e del suo alter ego, Elon Musk, come i giornalisti di Sky24 ed altri eroici network (come La7), e si è arreso: troppe, non c’è tempo per verificarle. Una montagna di menzogne: sul Zelensky, vampiro che si nutre dei cadaveri dei suoi concittadini, sull’Ucraina, paese guerrafondaio, sulle spese militari affrontate dagli USA e dall’UE, sui clandestini negli Usa, su Gaza, sulle libertà negate in Europa e tanto altro.
Il potere delle menzogne sta conquistando il mondo; le menzogne sono divenute la sua milizia. Dopo il tempo delle cannoniere, dei commerci, dell’industria e della finanza, le tecniche e le reti di comunicazione hanno consegnato il dominio del mondo alla post-verità, nella quale il potere non ha più bisogno di giustificazioni per imporre verità che si autolegittima attraverso tecniche violente di controllo sociale, affidate a una comunicazione emozionale spogliata dei fatti. Le menzogne – accolte, abbracciate, evocate – entrano nelle nostre case, nei nostri pensieri, nelle nostre vite come tali.
Non ha alcuna rilevanza il contenuto, quanto l’effetto che la comunicazione mette in circolo: un motore immobile, a dispetto del suo dinamismo generativo, che accresce esponenzialmente i dividendi e allarga la sfera d’influenza.
Le menzogne si trasformano in dogmi; nel labirinto insondabile della post-verità annega ogni pensiero che nega l’ingiustizia: gli algoritmi accompagnano con mano paziente e generosa la platea adorante del Potere cui è destinato il compito di confondere, urlare, eclissare ogni spiraglio di realtà.
Si è impreparati a considerare il linguaggio, la situazione e la logica come forme potenziali di violenza; la comunicazione che li contiene è apparsa veicolo di verità fino a prova contraria. Ma la prova contraria non è stata esercitata, perché gli strumenti del fact-checking appartengono totalmente al gruppo dominante. Credere alle menzogne non è più un problema; lo è invece trovare “esperti che abbiano tali competenze da distinguere gli intonachi di una lingua verniciata” (Persto).
Eppure le Cassandre le abbiamo avute: Hanna Arendt ha avvertito che il suddito ideale del potere (e delle sue menzogne) non è il nazista o il comunista convinto, “ma l’uomo per cui la distinzione fra fatti e finzioni, tra vero e falso, non esistono più”.
Come riarmare la volontà e provare a resistere all’incombente futuro? Consegnarsi all’utopia, che altri chiama speranza ed altri ancora , nientemeno, verità risorgente, come fa Emile Zola con la sua predizione: “quando si chiude la verità sotto terra”, egli avverte con spirito indomito, essa “si ammassa e prende una tale forza di esplosione che il giorno in cui scoppia fa saltare con sé ogni cosa”.
Dobbiamo aspettarci una nuova redenzione o una apocalisse? Le menzogne che arrivano ogni giorno da Washington, accolte con giubilo da Mosca ed ascoltate da Pechino, abbattono le vecchie frontiere – atlantismo, democrazia, diritti umani – e lasciano presagire una lunga sudditanza globale, dopo l’interregno della multilateralità. Dovremo subire tutto questo anche se “l’odio contro la bassezza stravolge il viso e l’ira per l’ingiustizia fa roca la voce” ? (Bertolt Brecht)








