La massima “prevenire è meglio che curare” è universalmente accettata in campo medico e sanitario, ma nella realtà economica e industriale non è. La cura di malattie e patologie rappresenta un’industria multimiliardaria, con interessi economici spesso in contrasto con la promozione della prevenzione. In questo articolo analizzeremo il ruolo della prevenzione rispetto alla cura, il peso dell’industria farmaceutica e i dati economici che dimostrano come il malato sia, di fatto, una risorsa preziosa per il mercato.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il 70% delle malattie non trasmissibili, come diabete, malattie cardiovascolari e alcuni tumori, potrebbe essere evitato attraverso strategie preventive efficaci, tra cui corretta alimentazione, attività fisica e riduzione dei fattori di rischio come fumo e alcol (WHO, 2021). Nonostante questi dati, gli investimenti nella prevenzione rimangono marginali rispetto a quelli destinati alla cura. Un esempio emblematico è l’obesità: nel 2022, il costo globale dell’obesità è stato stimato a 2,2 trilioni di dollari, pari al 2,8% del PIL mondiale (World Obesity Federation, 2023). Tuttavia, le politiche di prevenzione, come la tassazione delle bevande zuccherate o le campagne di educazione alimentare, ricevono una frazione minima dei finanziamenti rispetto ai trattamenti per le malattie correlate, come il diabete di tipo 2. Non sorprende perciò che il settore farmaceutico sia uno dei più redditizi al mondo: nel 2022, il mercato globale dei farmaci ha raggiunto un valore di 1,48 trilioni di dollari, con un incremento costante (Statista, 2023).
Le aziende farmaceutiche traggono profitto principalmente dalla vendita di farmaci per malattie croniche, piuttosto che dalla ricerca su interventi preventivi. Non hanno bisogno di “malati”, ma di malati cronici. Un caso emblematico è quello delle statine, farmaci per abbassare il colesterolo, il cui mercato ha superato i 15 miliardi di dollari nel 2022 (Global Market Insights, 2023). Mentre una dieta equilibrata e uno stile di vita sano potrebbero ridurre la necessità di questi farmaci, il loro consumo è incentivato da campagne pubblicitarie e da linee guida che ne ampliano l’uso. La stessa logica si applica agli integratori alimentari, un mercato da oltre 160 miliardi di dollari nel 2023 (Grand View Research, 2023). Pur non essendo sempre necessari, vengono spesso promossi come essenziali per la salute, alimentando un business che prospera sulla percezione del bisogno piuttosto che su reali carenze nutrizionali.
Chi paga? Il servizio sanitario nazionale italiano è il migliore del mondo, i farmaci sono in larghissima parte pagati dallo Stato, ma le risorse vengono dai cittadini, che contribuiscono alla spesa attraverso le tasse. Una partita di giro. Il sistema sanitario, in molti Paesi, l’Italia è fra questi Paesi, è strutturato per trattare la malattia piuttosto che prevenirla. In Italia, nonostante un sistema sanitario universalistico, solo il 4,2% della spesa sanitaria è destinato alla prevenzione (Ministero della Salute, 2023). Negli Stati Uniti, per esempio, il 17,8% del PIL è destinato alla sanità (OECD, 2023), con la maggior parte della spesa rivolta a trattamenti piuttosto che a programmi di prevenzione. Le lobby farmaceutiche hanno un ruolo chiave in questa dinamica. Un rapporto di Open Secrets ha rivelato che nel 2022 l’industria farmaceutica ha speso oltre 372 milioni di dollari in attività di lobbying negli Stati Uniti, più di qualsiasi altro settore (Open Secrets, 2023). Questo influenza la regolamentazione, la ricerca e la politica sanitaria, con un evidente sbilanciamento verso la cura rispetto alla prevenzione.
Se da un lato la prevenzione rappresenta la strategia più efficace per ridurre il carico delle malattie, dall’altro la cura è economicamente più redditizia per le industrie farmaceutiche e sanitarie. Il malato, paradossalmente, diventa una risorsa indispensabile per il sistema economico. Una vera riforma del modello sanitario richiederebbe un cambiamento culturale e politico, con un maggiore investimento nella prevenzione e una riduzione della dipendenza dai trattamenti farmacologici. Perché, se è vero che prevenire è meglio che curare, è altrettanto vero che curare fa guadagnare.






