Massimo Gramellini, buonista per vocazione, ci fa capire come sono i buonisti ed i dirimpettai, i cattivisti. Un tempo c’era chi aspettava di essere fuori dai giochi proprio per togliersi i famosi «sassolini» dalle scarpe, scrive sul Corriere della sera (6.2.25). Ma da quando abbiamo cominciato a tirarcele direttamente, le scarpe, da quando il cattivismo è stato sdoganato come esercizio supremo di sincerità e ogni moto del l’animo ispirato dalla gentilezza viene ri tenuto ipocrita o sdolcinato, dare libero sfogo alla parte luminosa di sé è diventata quasi una forma di ribellione. Forse bisogna sentirsi a un passo dal traguardo per trovare il coraggio di compierla, accettandone le conseguenze, compresa quella di essere fraintesi o, peggio, compatiti.
Gramellini non è solo un buonista, ma anche un ottimista. E’ fuori mercato? Non esageriamo. Certo non si è arruolato nel partito più forte, quello dei cattivisti, oggi. Inizialmente, negli anni ’90, il termine buonismo indicava un atteggiamento di apertura e tolleranza verso l’avversario politico. Successivamente, ha assunto una connotazione negativa, descrivendo un’ostentazione di falsa bontà, soprattutto nei confronti di migranti, minoranze etniche o persone coinvolte in attività illecite. In questo contesto, il “buonista” è colui che mostra una bontà percepita come insincera o eccessivamente indulgente.
Il termine cattivismo è stato coniato in contrapposizione al “buonismo” e si riferisce all’ostentazione di cattivi sentimenti, intolleranza e malevolenza verso individui o gruppi diversi per etnia, nazionalità, religione, orientamento sessuale o condizione socioeconomica. Spesso è associato a figure politiche o mediatiche che adottano toni aspri e polemici, un atteggiamento polemico e spesso aggressivo. I”cattivisti” tendono a esibire cattivi sentimenti e intolleranza, spesso ostentando malevolenza verso determinate categorie o idee. Nei social media, tali individui esprimono opinioni polarizzanti e provocatorie.
L’evoluzione di questi termini riflette una polarizzazione nel dibattito pubblico, dove atteggiamenti percepiti come eccessivamente indulgenti vengono contrapposti a quelli volutamente provocatori e intolleranti. Questa dinamica può essere interpretata come un segnale di crescente divisione e mancanza di dialogo nella società. In definitiva, la diffusione di “buonismo” e “cattivismo” evidenzia le tensioni presenti nel discorso pubblico contemporaneo.
Sono tuttavia i “cattivisti” ad influenzare maggiormente l’opinione pubblica. Quando stanno in alto e possono esercitare un certo potere nelle istituzioni politiche, nei media trdizionali che nelle piattaforme digitali, predicano male convinti di far bene, a se stessi anzitutto, sfruttando la retorica aggressiva per consolidare il proprio seguito e influenzare l’opinione pubblica. Questo fenomeno può essere attribuito a diverse cause: molti cittadini si sentono delusi dalle istituzioni e dai partiti tradizionali, percepiti come distanti e inefficaci. La disillusione alimenta il sostegno verso leader che adottano toni forti e promuovono soluzioni semplicistiche.https://salvatoreparlagreco.it/wp-admin/post-new.php





