C’è qualcosa di irresistibilmente grottesco, e insieme spaventosamente premonitore, nel modo in cui Donald Trump ha presentato al Congresso il nuovo bilancio federale: “Big Beautiful Bill”. Un titolo che sembra uscito da una réclame di Las Vegas anni ’50, e che invece s’incastona perfettamente nel lessico politico dell’era MAGA – Make America Great Again – dove la grandeur è sempre estetica, mai etica. Il “grande, bellissimo bilancio”, dunque, come si trattasse di una nuova Cadillac da esposizione o del revival di una soap opera texana.
Il fatto che si tratti in realtà di un testo contabile da tremila pagine, con tagli alla sanità pubblica, sgravi per i super-ricchi e un’espansione senza freni delle spese militari, poco importa. Perché l’atto è già compiuto: l’emozione precede il contenuto, la retorica vince sul dato, e il bilancio – così battezzato – diventa automaticamente legittimo. La sovranità si esercita nel naming, non nella sostanza. Ecco allora che anche dodici milioni di americani senza accesso a cure mediche entrano nella narrazione come “costi collaterali” della bellezza contabile.
Ora, proviamo a trasporre questo scenario l’Italia odierna, in un rigurgito di sovranismo creativo di impronta trumpiana, decidesse di intitolare la prossima legge di bilancio “Il Nobile Meraviglioso Conto degli Italiani”. Si chiederebbe un Trattamento Sanitario Obbligatorio per l’intero Consiglio dei Ministri. Dietro lo slogan ipnotico si nasconde un modello di governance post-democratica, dove il consenso si costruisce sul simulacro, sull’“annuncio” e non sull’effetto. Le diseguaglianze aumentano? Pazienza: il bilancio è “beautiful”. L’inflazione galoppa e i salari stagnano? Non importa: il conto è “big”.
La democrazia contemporanea si sta ridefinendo secondo parametri narrativi e non razionali. Il linguaggio pubblicitario ha vinto su quello parlamentare. Il governo si presenta, oggi, come una forma di storytelling permanente. E il bilancio potrebbe diventare un trailer di prossimi annunci, un teaser per investitori e followers. In questo contesto, l’Italia legata all’amico americano rischia di importare non solo il linguaggio, ma una filosofia che celebra l’apparenza, disprezza la complessità e promette la salvezza in tre parole ad effetto.
Se il nostro futuro fosse davvero quello di un “Big Beautiful Bill”, potremmo risvegliarci in un Paese dove il debito pubblico viene venduto come un atto d’amore patriottico e il taglio alla sanità come una cura dimagrante. Dio ce ne scampi e liberi. Se il bilancio diventa spettacolo, la democrazia si trasforma in una farsa contabile. E la politica, da esercizio di responsabilità, varietà domenicale.







