Bisogna cominciare dall’inizio e non accontentarsi della cronaca per farsi un’idea del sisma politico che ha fatto tornare in prima pagina l’ex Presidente della Regione, Totò Cuffaro. Che cosa ha provocato l’inchiesta della Procura della Repubblica di Palermo e la richiesta di custodia cautelare per tanti personaggi di prima piano della vita politica siciliana? Il sistema di corruzione che governa la regione è irredimibile? E’ stato il conflitto fra due partiti del centrodestra, FI e FDI a provocare “l’incidente”? O la pervasività deli sistema inquinato?
C’era una volta la lottizzazione, anzi c’è ancora. E serviva a spartire i posti di “sottogoverno”, cioè la gestione di enti e aziende funzionali al governo della regione. La spartizione dei posti si è sempre svolta attraverso modalità, restituite dalla storia come manuali di composizione degli accordi parapolitici e pragmatici. La partnership “alla siciliana” è anche figlia delle coalizioni di governo, correnti e fazioni, che frammentano i partiti. Una riedizione aggiornata del sistema feudale (vassalli, valvassori, valvassini), presidiato dal re e dalla famelica corte. La legge di Lavoisier – nulla si crea e nulla si distrugge – non vale solo per la chimica. Dovrebbe essere tenuta in gran conto, quanto i Comandamenti che Dio ha consegnato a Mosè.
La lottizzazione è oggi scomparsa da linguaggio, ma la sua anima resiliente palpita, conquistato cuori e teste coronate, ha aperto spazi larghi, guadagnato poteri, ottenuto impunità, perfino una ragion d’essere. E’ stata legittimata, accettata, tollerata e costituisce il terreno, fertilissimo, nel quale si compiono nefandezze, ingiustizie, spregevoli miserabili discriminazioni. Una fonte di malversazione, preziosa esca per mafie. Grazie alla lottizzazione – per far un solo esempio – un dipartimento ospedaliero deve subire un primario incompetente, la cui virtù è quella di tenere in gran considerazione un leader politico.
Il tavolo della spartizione – nomine, candidature, appalti – non è affollato, esiste senza esserci, è il risultato di una selezione severa: per farne parte si deve contare, cioè avere voti e portarne: un esercito di amici, supporter, alleati, compari, che impone costi.
La clientela è fatta di intermediari, sudditi, soci o estimatori, interessati alle fortuna del capo, (cacicco, capobranco, patriarca, ras di quartiere ecc). Questo edificio sta in piedi perché coloro che ci vivono dentro controllano il territorio, partecipano alle scelte che contano. Esistono franche protette da relazioni sicure. La Sicilia è la regone in cui il sistema di intermediazione ha raggiunto un livello di pervasività e di potere da renderlo inattaccabile. Chi chi ne sta fuori è costretto a mediare, ricerca e trova i compromessi idonei, ciò che una volta, nell’opposizione di sinistra, veniva chiamato “consociativismo” ed ora semplicemente scambio di favori.
Tutto funziona secondo regole non scritte in costante upgrading, aggiornamento, a garanzia della modulazione del peso politico dei contractors. Solo quando nasce il conflitto, esplode lo scandalo, e l’autorità giudiziaria scopre che le regole, funzionali al sistema, sono reati, illeciti, commessi dal “cartello” politico che li ha adottati.
Il Presidente della Commissione regionale antimafia, Antonello Cracolici, ha descritto il contesto in cui è maturato il caso Cuffaro, cioè l’inchiesta della Procura della Repubblica di Palermo sulla gestione di nomine e appalti. “C’è una parte di siciliani a cui va bene così”, sostiene Cracolici. “C’è poi un’altra parte che pensa che la politica sia solo un’arte predatoria di cui ti interessi se hai qualcosa da chiedere, altrimenti non vai neanche a votare.” Poi avverte:” La Regione è tornata a essere un luogo di mera intermediazione in cui si diffonde la pratica della corruzione. Tutto alla luce del sole. Uno scenario fuori controllo. Ci sono zone franche, una gestione opaca delle società pubbliche, delle aziende sanitarie. Gli assessorati sono frequentati da faccendieri”.
Se le cose stanno così, è impossibile che i presunti responsabili delle illiceità abbiano operato all’insaputa del “cartello” politico (e non solo) di riferimento. Le regole e le leggi sarebbero state infrante alla luce del sole. Ci vuole l’imprimatur perché le decisioni percorrano fino in fondo l’iter. Avrebbero tradito la fiducia loro riposta?
Il “report”di Cracolici è corretto. C’è solo una nota stonata, il ritorno della Sicilia come luogo di intermediazione. L’Isola non ha mai perso questo profilo funzionale a causa del quale le mafie hanno potuto infiltrarsi e costituire per anni un avamposto del crimine (politico, finanziario, economico, sociale).
Cuffaro e gli altri paghino, se hanno infranto la legge. Il sistema Sicilia rimarrà però integro, perché il magistrato non dispone di strumenti per rigenerarlo. Tocca a noi, a tutti noi farlo. Chiedendoci se abbiamo nuotato in questo mare di squali, proteggendo la nostra ignavia con l’alibi che “tanto non si salva nessuno” e sono tutti uguali. Chi volete che si getti in mare e combatta gli squali, se è sospettato di essere uno di loro?








