Per un quattro di secolo la trattativa è stata una sola, quella processata (ed assolta) fra boss e servitori dello Stato, della quale è rimasta in vita una coda velenosa, in cui colpevolisti e innocentisti si confrontano, restando ognuno sulle proprie posizioni. La trattativa storica e tutta italiana deve fare i conti con i sospetti, i segreti, i misteri e le turbolenze politiche di ogni era politica.
Ebbene, ad archiviarla, senza saperlo, è “la trattativa” fra Donald Trump e Vladimir Putin sull’Ucraina (formalmente, sui destini dell’Europa e del mondo, nei fatti). Una trattativa, la cui anomalia, è costituita dall’assenza, al tavolo, dei protagonisti, e cioè gli ucraini e gli europei (la guerra si combatte in Europa). Gli esclusi sono costretti perciò a mettere in campo iniziative collaterali (Unione Europea, allargata ai Volonterosi) ed un intenso attivismo (Zelensky).
Non c’è un mediatore neutrale, non viene riconosciuto un arbitro; coloro che conducono la trattativa hanno abbassato le saracinesche delle Nazioni Unite. Essa si svolge attraverso messaggi, dichiarazioni d’intenti, contraddittorie e incoerenti, tweet, video fasulli, notizie false, proposte misconosciute, mentre la guerra In Ucraina infuria e fa vittime nel campo di battaglia.
E’ l’altra anomalia, mentre si parla non tacciono i cannoni. Una delle parti, la Russia, continua a bombardare il nemico, avanzare sul campo, occupare altri territori. Ogni trattativa è preceduta da una tregua, senza deroghe. L’America di Trump ha concesso al suo interlocutore questo privilegio, non è da poco.
La stranezza di fondo sta tuttavia nella rappresentanza esclusiva degli interessi dell’Ucraina da parte di Trump, a prescindere dall’Ucraina (metodo Gaza), e nell’uso della trattativa come grimaldello, esca, strumento di composizione di dispute sulle aree d’influenza nel mondo. Si tratta per l’Ucraina ufficialmente, ma c’è dentro il Medio Oriente, la Groenlandia e tanto altro. E’ per questa ragione che si svolgono negoziati sull’Ucraina in Arabia Saudita, Mosca, Washington contemporaneamente, che consensi e dissensi durano lo spazio di un mattino, e che gli “inviati speciali” suggeriscano alla controparte, com’è avvenuto recentemente con l’inviato di Trump, le modalità da seguire quando parla con la parte che rappresenta. Scambi di favori smaccati, curiosi e sospetti e delegittimazioni della “vittima” (Ucraina), davanti alle telecamere, tranelli, valanghe di bugie. E morti, tanti morti sul campo di battaglia della nazione invasa ed aggredita, cui non viene riconosciuto nemmeno di essere “vittima” del nemico.
Gli interessi collaterali sono tali e tanti, che c’è chi, non senza ragione, crede che alla guerra mondiale a pezzi, prevista da Papa Francesco, sia seguita, forse prematuramente, una nuova Yalta a pezzi.
L’ultimo atto, in ordine di tempo, è il cosiddetto Piano Trump, inizialmente composto di 28 punti, la cui stesura originaria – l’hanno scoperto gli americani – è russa. Tutto è possibile con Trump, specie quando Trump tratta con Putin a causa di episodi pregressi nei quali i due avrebbero fatto buoni affari insieme. Son tanti a giurare che la trattativa è una sceneggiata, uno spettacolo a beneficio dell’opinione pubblica, e che sul tavolo si contratti energia, terre rare, zone d’influenza sulla base di un solo comandamento, marginalizzare l’Europa, obiettivo che vede Trump e Putin al centro della scena, e Xi Jinping “a latere”.
I morti ucraini non contano proprio nulla.
Che la più pazza trattativa della storia meriti il suggello del cinismo più cupo e insopportabile è testimoniato dalla sorte del Piano di 28 punti americano, scritto dai russi all’insaputa del Segretario di Stato Usa, Rubio. I 28 punti sono diventati 19, e i 19 punti sono stati rielaborati…in Arabia Saudita e, forse in Qwait, e contestati dagli europei e Volenterosi a Ginevra, da Putin indispettito dalla loro rielaborazione a Mosca.
Per evitare che il dispetto sciupi l’antica liason, Donald Trump, assai sensibile ai desideri di Putin, ha riportato in Europa la trattativa, in Ungheria ( lo Stato canaglia per gli europei), assegnando al suo fedelissimo Orban, putiniano con diritto di veto nelle decisioni dell’UE, il compito di organizzare il sequel della sceneggiata fra i due finti contendenti (Trump-Putin), proprio alla vigilia delle elezioni politiche ungheresi.
Orban è arcicontento (vince le elezioni), Trump e Putin pure (Europa divisa e umilliaata). Gli europei e i Volenterosi non lo sono affatto e si macerano. Hanno in banca una ingente quantità di risorse russe, potrebbero usarle per la ricostruzione dell’Ucraina, ma i Belgi che ne sono i custodi, e gli italiani, che hanno un putiniano al vertice del governo (Salvini), indugiano temendo rappresaglie.
Intanto impazza la guerra, ibrida, ai danni dell’odiatissima Europa, opportunamente privata di ogni strumento vitale dagli europei di fedeltà russo-americana, e preoccupa tantissimo inglesi, francesi, tedeschi ed il Ministro della Difesa italiano (ma non il governo italiano), tanto da suggerire l’arruolamento di militari da usare alla bisogna.
Un gran casino, insomma, nel quale l’Italia sembra trovarsi a proprio agio con i patrioti. Le guerre nascono anche dall’insipienza, la doppiezza, la disonestà, la menzogna.








