E’quasi passata inosservata, con l’eccezione di Crozza, la minuziosa bugiarderia del Ministro della Difesa Antonio Tajani sul Ponte di Messina, promosso a presidio di sicurezza strategica militare. “Può essere utile in caso di attacco da Sud”. La preziosa via di fuga costituisce una rivelazione, che proietta l’Italia in un futuro distopico, nel quale i siciliani, scappando, si salverebbero grazie al Ponte. Stravaganza, superficialità, incompetenza? Enigma spaventoso e oscuro su cui meditare o prova di irripetibile genuina idiozia? O si può spararla grossa senza correre alcun rischio in Italia e nel mondo?
Di sicuro, provenendo da una cattedra autorevole, la rivelazione costringe a prendere atto che si apre uno scenario inedito nel quadrante militare strategico occidentale e mediterraneo. L’Europa e alcuni Paesi Nato extraeuropei oggi si arrovellano attorno alle intenzioni di Putin, sbagliando. Ci sono coloro che, come i Paesi baltici, temono che Putin voglia tornare all’impero sovietico e chi, invece, crede che la sua fame imperialista possa essere saziata dandogli in pasto l’Ucraina. Tajani teme Putin, contraddicendo la funzione difensiva del Ponte.
Nel Governo italiano, il Vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, sostiene che l’Italia possa dormire sonni tranquilli ad est e Putin è un a brava persona; piuttosto l’Italia deve sventare i piani degli invasori, i migranti, che vengono da sud e vogliono rubarci l’anima (fede, tradizioni ecc), il bene più prezioso, obbedendo a un complotto islamista di dominio dell’Europa, e sacrificando migliaia di sventurati. Non deve trarci in inganno il fatto che gli invasori muoiano in mare in numero tale da rendere superfluo il blocco navale vagheggiato da Giorgia Meloni. Vigili e armati verso sud, tranquilli e disarmati verso est.
Se Salvini ha ragione – i pericoli per l’Italia vengono da quelli che scappano per fame – Tajani coglie nel segno, ma fino a un certo punto. E’ assai improbabile infatti che i migranti si servano dello Stretto per risalire la Penisola, come fecero i tedeschi di Goering, inseguiti dagli Angloamericani nel ’43; ancora più improbabile che usino il Ponte.
Chi sarebbe il Nemico che viene da Sud? Iran, Libia, Tunisia, Marocco o i guerriglieri israeliti entrati in una crisi di parossismo belligerante?
Tajani è Tajani, d’accordo; Salvini è Salvini. E i “signorsì” suscitati da automatismi mentali – la legge di Paplov, se non erro – sono una tara dell’umanità, una malattia andemica e resiliente. Spiegarli causa effetti indesiderati, è’ il lascito di ogni“signorsì”. Nel caso presente, il “signorsì”di Giorgia Meloni al tavolo dei Paesi Nato, durante il quale Donald Trump fa cadere la scimitarra del 5% del PIL da destinare all’acquisto di armi, naturalmente americane, sulla testa degli alleati, già daziati e mazziati.
Poi la grandine arriva alla vigna: le risorse sono scarse, e destinarne una fetta ingente all’amico americano per prepararsi alla guerra sotto l’egida della Nato, uscita peraltro dall’angolo di visuale trumpiana, è pressocché impossibile, sfida il pudore, sicché si cerca l‘escamotage, l’inserimento del Ponte sullo Stretto di Messina nella spesa militare, facendo arrabbiare gli americani lesti ad inserire nel libro mastro i “signorsì”na favore dell’industia delle armi, che monopolizza la classe politica USA. Diventa così una necessità inderogabile inventare un espediente, uno stratagemma, un artificio: il Ponte, opera di difesa, necessaria per scappare al nemico che ci incalza da sud, cioè dalla Sicilia già conquistata.
Dobbiamo riderne, piangerci addosso, accusare il destino cinico e baro, o prendere atto di esserci affidati ad una affollata ciurma di imbecilli, che credono pure di fare i loro interessi, seppur meschini, oltre che i nostri?
Si salvi chi può.








