La verità di Marco Travaglio sulla guerra in Ucraina è diventata un manifesto contro l’Europa, la sua insipienza e propensione alla belligeranza Il giornalista fonda la quotidiana critica radicale agli europei sul rifiuto dell’accordo con la Russia di due anni or sono circa. La sintesi del Travaglio-pensiero è di Paolo Mieli (Corriere della Sera, 19.5.25):“Boris Johnson, avrebbe fermato la mano di Volodymyr Zelensky mentre era sul punto di firmare un protocollo d’intesa con la Russia. Zelensky, rassegnato a restar fuori dall’Alleanza atlantica, aveva accettato che i russi tenessero per sé quel che avevano occupato. Restava da mettere a punto solo qualche marginale «dettaglio».
Il contenuto del “dettaglio”, che rischia di mandare all’aria il mantra di Travaglio sull’Ucraina, divenuto parte integrande della posizione politica del M5S, (meglio regalarla a Putin per ragioni umanitarie), è affidato da Mieli a Lorenzo Cremonesi, storico inviato di guerra del Corriere. “Una volta che Putin avesse incamerato la Crimea e gli oblast (ripartizione), quel che restava dell’Ucraina avrebbe dovuto essere praticamente disarmato. Per di più la Russia avrebbe goduto di un diritto di veto nei confronti di qualsiasi iniziativa internazionale a difesa di Kiev nel caso in cui qualcuno avesse deciso di attaccarla nuovamente.
Se quel protocollo d’intesa è realmente esistito e gli ucraini erano sul punto di sottoscriverlo, si chiede a buon ragione Paolo Mieli, non si capisce perché alla fine della scorsa settimana — ora che Johnson e Biden sono scomparsi all’orizzonte e alla Casa Bianca siede un estimatore di Putin — le due delegazioni non siano ripartite da quel documento. Mistero.
Già mistero. Doppio mistero, dal momento che Marco Travaglio si macera ancora per l’intervento del guerrafondaio britannico, autore del “niet”, e non si pone dubbi sulle responsabilità dell’Occidente e indica come soluzione la resa a Putin. Per ragioni umanitarie, naturalmente.







