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Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini, Meloni: che cosa hanno in comune le performace elettorali shock? ?

12/09/2024
in Articoli
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Il PdL di Berlusconi, il Pd di Renzi, il M5S di Grillo, la Lega di Salvini e Fdi di Meloni: le performances elettorali che hanno shockato l’Italia, abituata alla resilienza dei partiti storici della Prima Repubblica, che cosa hanno in comune? Le performances elettorali che hanno sconvolto l’Italia sono un fenomeno di trasformazione e discontinuità.

Negli ultimi tre decenni, l’arena politica italiana è stata teatro di una rivoluzione silenziosa e costante, culminata in uno scenario profondamente mutato rispetto alla tradizione della Prima Repubblica. Le vicende elettorali legate al Popolo della Libertà (PdL) di Silvio Berlusconi, al Partito Democratico (Pd) di Matteo Renzi, al Movimento 5 Stelle (M5S) di Beppe Grillo, alla Lega di Matteo Salvini e a Fratelli d’Italia (FdI) di Giorgia Meloni hanno scosso la stabilità tradizioale dei partiti storici padroi nella Prima Repubblica, sfidando quella resilienza che sembrava scolpita nella pietra della politica del dopoguerra. A  ben guardare, queste esperienze hanno alcuni elementi comuni, che meritano un’analisi approfondita.

Il primo tratto comune tra queste forze politiche emergenti è la rottura con i partiti storici della Prima Repubblica, come la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista Italiano, che dominavano la scena per decenni. A partire dal crollo del sistema dei partiti all’inizio degli anni ‘90 con Tangentopoli, la politica italiana si è aperta a nuovi attori che hanno capitalizzato il vuoto lasciato dalla crisi della classe dirigente tradizionale.

L’ascesa del PdL, guidato dal carismatico Silvio Berlusconi, è il primo esempio di questa dinamica: un outsider con un impero mediatico che si presenta come “imprenditore del fare”, in netta contrapposizione con la politica tradizionale. Questo schema pur con molte signigicative differennze, si è ripetuto, in forme diverse, con Matteo Renzi, Beppe Grillo, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che hanno sfruttato il proprio carisma e una forte capacità comunicativa per costruire movimenti incentrati sulla propria leadership.

Un altro denominatore comune è la connotazione populista che ha attraversato tutte queste formazioni, seppur declinata in modi diversi. Il PdL di Berlusconi ha costruito il proprio successo su un linguaggio semplice e diretto, che prometteva una politica vicina ai cittadini e lontana dai tecnicismi e dall’élite politica. Grillo, con il M5S, ha portato questa retorica all’estremo, elevando l’antipolitica a sistema e proponendo un radicale rinnovamento delle istituzioni e della classe politica.

La Lega di Salvini e FdI di Meloni, pur nascendo come partiti ideologicamente più strutturati, hanno anch’essi abbracciato una retorica populista, soprattutto nelle tematiche legate alla sovranità nazionale, all’immigrazione e alla critica dell’Unione Europea. In particolare, Salvini è stato capace di trasformare una Lega Nord localista in un partito nazionalista a carattere nazionale, centrato su un messaggio anti-immigrazione e su una forte critica alle istituzioni sovranazionali. Uno schema che oggi sembra penalizzarlo.

Se Berlusconi è stato il pioniere dell’uso dei media per scopi elettorali, l’evoluzione tecnologica ha permesso a queste nuove formazioni di affinare ulteriormente l’uso della comunicazione di massa e digitale. La campagna elettorale permanente, fatta di slogan e messaggi virali, ha reso la politica sempre più vicina al mondo dell’intrattenimento. Renzi, ad esempio, è stato tra i primi a usare con grande maestria i social media per costruire la propria immagine di leader giovane e dinamico, capace di interpretare le istanze del cambiamento. Il M5S, dal canto suo, ha utilizzato il web come strumento rivoluzionario per bypassare i media tradizionali, organizzare il consenso e costruire una democrazia diretta online, rompendo con i canali istituzionali della politica.

Uno degli elementi più rilevanti che accomuna queste esperienze è l’adattabilità ideologica. Se i partiti della Prima Repubblica erano saldamente ancorati a visioni ideologiche precise (cattolicesimo democratico, socialismo, comunismo), le formazioni della Seconda e Terza Repubblica hanno fatto della flessibilità ideologica una risorsa. Il PdL di Berlusconi ha mescolato elementi di liberalismo economico con politiche socialmente conservatrici, mentre Renzi ha spinto il Pd verso un moderatismo centrista, rompendo con l’eredità della sinistra tradizionale.

Il Movimento 5 Stelle è forse il caso più eclatante di pragmatismo ideologico, passando da movimento fortemente anti-establishment alla guida di governi di coalizione con forze politiche di segno opposto, come la Lega prima e il Pd poi. Anche Salvini e Meloni hanno dimostrato una notevole capacità di adattare le proprie politiche alle circostanze, riuscendo a capitalizzare il consenso su temi di grande attualità e urgenza, come la crisi migratoria e la pandemia.

Infine, un elemento trasversale è la frammentazione del consenso elettorale, un fenomeno che ha portato a un sistema politico meno stabile ma più dinamico. Se nella Prima Repubblica i grandi partiti raccoglievano un ampio consenso, oggi il panorama è caratterizzato da una molteplicità di forze in competizione, capaci di intercettare segmenti specifici dell’elettorato. Questo ha reso il sistema più vulnerabile a rapide oscillazioni elettorali, come dimostrato dall’improvvisa ascesa e declino di molte forze politiche, dalla caduta del PdL al boom del M5S nel 2018, fino alla recente forte crescita di FdI.

Queste performance elettorali, che hanno sconvolto il panorama politico italiano, sono in realtà manifestazioni di un processo di transizione iniziato negli anni ‘90 e non ancora concluso. La politica italiana, oggi più che mai, è caratterizzata da volatilità, personalizzazione del potere e un crescente allontanamento dalle tradizionali ideologie. Queste nuove formazioni, pur presentandosi come portatrici di discontinuità, sembrano riproporre ciclicamente dinamiche che ricordano quelle già viste: l’affermazione di leader forti, l’uso della comunicazione come strumento principale di governo e un populismo che si nutre della frustrazione dei cittadini.

In questo contesto, il rischio e l’opportunità stanno nella capacità di queste forze di consolidarsi, trovando un equilibrio tra consenso elettorale e stabilità istituzionale, oppure se saranno destinate a diventare l’ennesimo capitolo di una politica in continua evoluzione. A spese del Paese.

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Tags: berlusconnigrillomeloniRenzisalvinni

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