Gela, la morte infame di Ciuzzo Abela. Senza giustizia…

Mi ha chiamato a telefono qualche giorno fa una cara persona, che non vedo da mezzo secolo, il cui ricordo conservo gelosamente. Provai per lei stima, ammirazione, aveva diligenza ed intelligenza, idee chiare e carte in regola. Un credito inespugnabile. La telefonata segue la lettura di un mio articolo, pubblicato nel 2018 e dedicato alla presenza di Lotta Continua a Gela, nel quale racconto la morte di Ciuzzo Abela, un giovanottone disarmato dal cuore gentile e generoso, che stava dalla parte dei “minimi”.

“Le cose non sono andate come le hai raccontato”, ha esordito la “cara persona”. “Ciuzzo Abela non militava in Lotta Continua, contrariamente a quanto hai scritto, eravamo comunisti. O meglio, io lo ero, un’attivista. Lotta Continua non era affatto contenta dell’attivismo di Ciuzzo, che aveva tanti estimatori e godeva di credito.”

“Un competitor di Lotta Continua, perciò…?”,ho chiesto.

“Proprio così, la sua presenza sulla piazza, nel volantinaggio, li infastidiva. Quelli di Lotta Continua si comportavano davvero male. Non si può dire che stavamo dalla stessa parte, tutt’altro.”

“Anni sessanta… C’erano molti figli di papà in Lotta Continua a Gela.”, ho ricordato

“La loro sede era in Piazza Umberto, a Gela, un appartamento costoso…”

“Ti leggo quello che ho scritto: Durante uno scontro con giovani di estrema destra – niente sangue, solo toni forti – nella piazza di Gela, di cui fui testimone, i tutori dell’ordine del tempo scoprirono che aveva in tasca un coltellino “di genere vietato”. Ciuzzo Abela disse di non averne mai posseduto. Non fu creduto. I trenta giorni in carcere, al Malaspina di Caltanissetta, sarebbero stati fatali: il ragazzo era poliomielitico, zoppicava vistosamente, e la sua salute era malferma. Quando uscii dal carcere c’incontrammo. Il suo cruccio era ora la condizione carceraria. “C’è tanto da fare”, mi disse. Se ne andò una settimana dopo. “

“Nessuno scontro con l’estrema destra. Sono una testimone dei fatti, li ho vissuti in prima persona. Mentre facevamo volantinaggio sul Corso Vittorio Emanuele, arrivarono le forze di polizia. Ho sempre pensato che siano stati quelli di Lotta Continua a chiamarli. Ciuzzo fu portato dentro un negozietto di elettrodomestici, dove fu conciato male. Lo massacrarono di botte. Quando ne uscì era mal ridotto, Ciuzzo era poliomelitico ed aveva una malformazione polmonare. Lo caricarono in macchina e lo portarono a Caltanissetta, in carcere. E fu questa detenzione a provocare la sua morte. Il fratello si battè anni per avere giustizia e verità, invano. ”

“Ti leggo il resto: Durante uno scontro con giovani di estrema destra – niente sangue, solo toni forti – nella piazza di Gela, di cui fui testimone, i tutori dell’ordine del tempo scoprirono che aveva in tasca un coltellino “di genere vietato”. Ciuzzo Abela disse di non averne mai posseduto. Non fu creduto. I trenta giorni in carcere, al Malaspina di Caltanissetta, sarebbero stati fatali: il ragazzo era poliomielitico, zoppicava vistosamente, e la sua salute era malferma. Quando uscii dal carcere c’incontrammo. Il suo cruccio era ora la condizione carceraria. “C’è tanto da fare”, mi disse. Se ne andò una settimana dopo.

“Quello che accadde durante il pestaggio all’interno del negozietto non lo so. Ne venne fuori malconcio…”

La versione della “persona cara” cambia tutto? Racconta di una forte competizione fra il Pci pro-tempore e i “rivoluzionari” di Lotta Continua. A Gela nacque e si formò un nutrito gruppo di giovani, provenienti da ogni parte d’Italia, che aveva in animo di portare nella fabbrica petrolchimica il dissenso, duro e puro, e riciclarlo per farne una lotta di popolo, fuori dal petrolchimico e battere così il capitalismo.

“Il ricordo di Ciuzzo, a distanza di tanti anni, mi rattrista ancora oggi”, scrissi nel 2018, quasi mezzo secolo dopo la sua morte. Era uno spilungone tutto cuore, incapace di fare male ad alcuno, che aveva deciso di combattere le ingiustizie sociali. Nessuno ha pagato per la sua ingiusta detenzione e la sua morte. Mi domando ancora se la sua breve vita, morì a 24 anni, e soprattutto la sua ingiusta fine, sia servita a qualcosa. I suoi funerali in Chiesa ebbero l’omaggio della città, ma dubito che le sue battaglie politiche abbiano influenzato alcuno. Posso però assicurarvi di avere appreso la sua “lezione” e di non avere tradito il suo ricordo. O meglio di avere cercato, ossessivamente, di stare dalla parte giusta, sempre. Continua ad essere per me un simbolo di umanità, altruismo, generosità. In definitiva anch’io ho avuto il mio ’68. Il vento delle nuove libertà mi ha sfiorato. E accarezzato, grazie a Ciuzzo Abela.”

 

 

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