Nella lettera inviata alcuni giorni or sono, a Roberto Fico, Virginia Raggi e Laura Bottici, Grillo – osserva Simone Canettieri sul Foglio – chiede loro risposte “il prima possibile” su sei punti qualifi- canti del processo di partecipazione che Conte ha convocato per ottobre sotto il nome di assemblea costituen- te. Dalle sue domande traspare la sfiducia totale nel meccanismo. E’ una nemesi: il fondatore di un movimento che si è fatto forte dietro il mito della democrazia diretta (studiata, con mille contestazioni, da Gianroberto Casaleggio) non accetta più questa prassi ora che il leader è un altro.
La recente lettera inviata da Beppe Grillo rappresenta un passaggio cruciale nella storia del Movimento 5 Stelle (M5S), segnalando uno strappo decisivo con le origini del movimento stesso. Simone Canettieri, in un articolo sul Foglio, sottolinea come Grillo abbia chiesto risposte rapide su sei punti chiave riguardanti il processo di partecipazione che Giuseppe Conte ha promosso per ottobre, sotto il nome di assemblea costituente. Il tono delle domande di Grillo rivela qualcosa di più profondo: una sfiducia totale nel meccanismo di partecipazione che lo stesso movimento ha utilizzato per affermarsi sulla scena politica italiana. Questa sfiducia appare come una nemesi, un ritorno ironico delle scelte passate: Grillo, il fondatore del M5S, che ha costruito la sua ascesa politica sul mito della democrazia diretta e della partecipazione attiva dei cittadini, sembra ora respingere quel modello. Un modello che lui e Gianroberto Casaleggio, cofondatore del movimento, avevano promosso come la soluzione ai mali della politica tradizionale.
La democrazia diretta è stata a lungo il cuore pulsante dell’identità del M5S. Fin dalle sue origini, il movimento ha sostenuto che le decisioni politiche dovessero essere prese direttamente dai cittadini, senza intermediari, attraverso piattaforme digitali come Rousseau. Questo strumento, ideato da Gianroberto Casaleggio, era visto come il pilastro per costruire un nuovo modo di fare politica, lontano dalle logiche verticistiche dei partiti tradizionali. Tuttavia, nel tempo, questo modello ha mostrato crepe significative. La piattaforma Rousseau è stata più volte criticata per la sua opacità, per la scarsa partecipazione effettiva e per il controllo centralizzato da parte della famiglia Casaleggio. La stessa democrazia interna al movimento è stata spesso messa in discussione, con accuse di decisioni prese in realtà da una ristretta élite, piuttosto che da una vera base partecipativa.
Il momento di svolta è arrivato con l’ascesa di Giuseppe Conte alla guida del M5S. L’ex presidente del Consiglio ha cercato di trasformare il movimento, allontanandosi sempre di più dalla retorica originaria della democrazia diretta per abbracciare un modello di leadership più tradizionale. Il progetto dell’assemblea costituente convocata per ottobre rappresenta un tentativo di istituzionalizzare ulteriormente il M5S, rendendolo un partito strutturato e meno dipendente dalle dinamiche assembleari online.
Grillo sembra non condividere questa visione. Le sue domande inviate ai dirigenti del movimento tradiscono la sua preoccupazione per il futuro del M5S e per la direzione che Conte sta imponendo. Ciò che emerge è una tensione tra il fondatore, legato all’idea originaria di un movimento senza gerarchie fisse e con un forte legame con la base, e il nuovo leader, che sta cercando di adattare il M5S alle esigenze di una forza politica più strutturata e matura.
Se l’ascesa di Conte ha segnato una fase di cambiamento per il M5S, la lettera di Grillo potrebbe essere interpretata come l’ultimo atto di una lunga crisi interna. Il rifiuto della democrazia diretta da parte di Grillo – proprio colui che l’aveva promossa con tanta forza – simboleggia la fine di un’era. L’utopia di un movimento interamente gestito dai cittadini, senza leader fissi e con decisioni prese collettivamente, sembra ormai tramontata.
Il passaggio da movimento a partito, che Conte sta cercando di realizzare, implica inevitabilmente un maggiore accentramento del potere decisionale. In questo contesto, la democrazia diretta diventa un ostacolo piuttosto che uno strumento. Grillo, pur avendo costruito gran parte del suo successo politico su questa idea, sembra ora rendersi conto che quel modello non è più sostenibile. Il mito della democrazia diretta, tanto celebrato negli anni passati, si scontra con la realtà di un movimento che deve adattarsi alle logiche della politica istituzionale.
L’abbandono della democrazia diretta da parte di Grillo segna un momento storico per il Movimento 5 Stelle. Quello che era nato come un esperimento di partecipazione radicale si sta trasformando in un partito tradizionale, con una leadership centrale e un’organizzazione strutturata. La lettera di Grillo evidenzia una rottura profonda, non solo con il passato, ma anche con i principi che avevano definito il M5S fin dalle sue origini. Il futuro del Movimento 5 Stelle rimane incerto. Se da un lato Conte sembra determinato a trasformarlo in una forza politica stabile, dall’altro Grillo non sembra pronto a lasciare completamente il controllo. Il M5S riuscirà a trovare un equilibrio tra il passato e il futuro o le tensioni interne finiranno per far implodere definitivamente il progetto politico avviato da Grillo e Casaleggio oltre dieci anni fa?
 
			 
			







