L’incontro tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Larry Fink, amministratore delegato di BlackRock, avvenuto a Palazzo Chigi, segna un momento cruciale nel panorama politico ed economico italiano. Il vertice non solo rappresenta un atto simbolico di apertura verso il colosso americano. BlackRock, il più grande gestore patrimoniale al mondo, si è affermato come un attore determinante nel sistema delle infrastrutture strategiche italiane. Il suo coinvolgimento nel settore dei data center e delle infrastrutture energetiche si traduce in un controllo significativo non solo delle informazioni sensibili, ma anche delle reti di approvvigionamento energetico, elementi fondamentali per la sicurezza nazionale. La decisione di affidare a un’entità estera di tale potenza la gestione di asset così critici lascia perplessi e solleva interrogativi sul reale livello di autonomia decisionale che l’Italia è disposta a mantenere.
Uno dei punti focali dell’incontro è stata la definizione di strumenti finanziari specifici da parte di BlackRock all’interno del Piano Mattei, un progetto che dovrebbe rappresentare una visione strategica italiana per lo sviluppo delle risorse energetiche e infrastrutturali, tanto in patria quanto nei rapporti con i Paesi mediterranei e africani. Se, in origine, il Piano Mattei era inteso come una riaffermazione del protagonismo italiano nel campo energetico, un modo per onorare il capitano coraggioso dell’industria pubblica italiana caduto sul campo, la sua attuale declinazione sotto il patrocinio di BlackRock sembra ridimensionare questa ambizione, se non addirittura tradirla.
BlackRock è chiamato a creare strumenti finanziari che, di fatto, definiranno le modalità con cui questo piano sarà finanziato. Un’evoluzione che potrebbe sembrare naturale in un mondo globalizzato, ma che implica una chiara dipendenza da un soggetto privato straniero. Il rischio, a lungo termine, è che l’Italia diventi ostaggio delle decisioni di una corporation i cui interessi non sempre coincidono con quelli del Paese, creando una nuova forma di subordinazione, seppur camuffata sotto la bandiera del libero mercato.
Non meno controverso è il tema della ricostruzione dell’Ucraina, per la quale BlackRock è stato incaricato di concepire strumenti di prestiti obbligazionari, garantiti politicamente dall’Italia. Questa scelta rafforza la presenza di BlackRock nei processi decisionali-chiave del governo italiano, facendo emergere non poche perplessità sulle implicazioni a livello geopolitico. Se da un lato, la partecipazione italiana alla ricostruzione ucraina rappresenta un segnale di solidarietà e impegno verso un Paese devastato dalla guerra, dall’altro lato, lascia aperti dubbi sulla reale efficacia di un’operazione che vede BlackRock come architetto principale. La garanzia politica italiana rischia di diventare un pesante fardello per le generazioni future, legando il Paese a operazioni finanziarie che potrebbero favorire più gli interessi speculativi di grandi gruppi finanziari che il reale sviluppo economico e sociale dell’Ucraina.
L’aspetto più paradossale di questa vicenda riguarda proprio il concetto di sovranismo, pilastro della retorica politica di Giorgia Meloni. Il suo mandato ha più volte sottolineato la necessità di proteggere l’Italia dagli influssi esterni, recuperando il controllo su aspetti fondamentali della governance nazionale. Tuttavia, l’accordo con BlackRock sembra andare in direzione opposta, configurando un vero e proprio vassallaggio nei confronti del gigante finanziario. Questo apparente tradimento delle promesse sovraniste potrebbe essere interpretato in due modi: come una mossa pragmatica in un contesto economico difficile, oppure come una resa ai poteri forti, in cui il ruolo dello Stato viene progressivamente ridimensionato in favore di interessi privati transnazionali. In entrambi i casi, le conseguenze per l’Italia sono evidenti: la perdita di controllo su asset strategici rischia di compromettere non solo l’autonomia economica, ma anche la sovranità politica.
Le perplessità politiche ed economiche nascono dal timore che BlackRock, attraverso la sua enorme capacità finanziaria e influenza politica, possa condizionare le scelte di un governo che si ritrova legato mani e piedi a un attore esterno. Le implicazioni economiche a lungo termine sono ancora difficili da valutare, non è escluso che l’Italia possa diventare progressivamente dipendente dalle strategie speculative di un’entità il cui unico obiettivo è il profitto degli azionisti. Le perplessità quindi, non non nascono solo dalla concentrazione di potere economico nelle mani di BlackRock, ma anche dalla fragilità del sistema decisionale italiano, che sembra pronto a cedere sovranità in cambio di investimenti immediati. In un contesto in cui le istituzioni pubbliche dovrebbero giocare un ruolo di primo piano nella protezione degli interessi nazionali, lasciare che un soggetto privato gestisca infrastrutture e dati sensibili rappresenta un passo indietro, piuttosto che un avanzamento strategico. Se da una parte la scelta si potrebbe interpretare come una necessità pragmatica, dall’altra è innegabile che essa comprometta profondamente il concetto di sovranità che il governo Meloni ha tanto decantato.
Le conseguenze si faranno sentire nei prossimi anni, ma già oggi appare chiaro che l’Italia, sotto la bandiera del libero mercato e della globalizzazione, ha accettato un nuovo padrone.