E se gli spioni non mirassero solo al denaro?

Il Viminale spogliato dei suoi documenti riservati 51 mila volte; la DDA (inchiesta Perugia) altrettante volte, le “copie forensi”, custodite dall’amministrazione giudiziaria,  un colabrodo; le banche (Intesa San Paolo, Puglia), violate; la più grande azienda italiana, l’Eni, governata dal Ministero dell’Economia, coinvolta in una vicenda di spionaggio internazionale: lo spionaggio è uscito dall’intrigo planetario, la disputa fra i servizi segreti, i conflitti sottotraccia che hanno dilaniato la guerra fredda fino alla caduta del Muro di Berlino ed hanno ispirato cinema e letteratura, sono tracimati, grazie alla tecnologia, nella vita di ogni giorno, ai confini del condominio di casa, divenendo un market generoso.

Siamo sicuri che questo supermarket popolato di detectives laici e non,  sia da addebitare alla infedeltà, alla slealtà, alla deviazione, sia cioè alimentato unicamente da un istinto corruttivo, dal degrado dei costumi, dal declino della vigilanza, dalla sciatteria, dall’incompetenza, dall’aspirazione all’agiatezza, dalla necessità di rendere più lieve la quotidianità, facendo soldi?

Siamo sicuri che non ci sia dell’altro, che nella pancia dei servitori dello Stato ed affini, ovunque operino, le pecore nere agiscano sotto la spinta di una disaffezione verso il datore di lavoro che hanno l’onere (e l’onore) di servire? E che questa disaffezione non sia piuttosto maturata nel tempo, macerata fra dubbi, frustrazioni, disamore, verso la patria tradita, invasa, prona, debole, inguaribile e quindi bisognevole di linfa nuova, di uomini nuovi, gente che la pensa al contrario, come quel generale con tante stellette e benemerenze militari dimostra con più di mezzo milione di suffragi ottenuti in una consultazione elettorale europea affascinati dal suo manifesto di guerra ai diversi per il colore della pella, la religione, la cultura, la storia, il sangue…?

Gli infedeli, gli sleali, i deviati, i traditori potrebbero sentirsi protagonisti o comprimari di una missione di rigenerazione del loro Paese; sentirsi i veri patrioti di una Italia destinata al declino, in mano agli imbelli e presidiati da uomini e donne che, servendo lo Stato malamente, non salvaguardano i sacri confini, l’antica religione dei padri, le nobili tradizioni, quelle che “Sua Eeccellenza…”nel Ventennio fece rinascere. riportando il Paese nell’alveo della Grande Storia, l’Impero romano?

E’ possibile che la svendita dei segreti sia anche utile strumento per riportare in Italia un regime saldo, forte, finalmente degno della Patria, che questo disegno, sogno, intendimento, pur vago ed indistinto, abbia scardinato anime integre, o abbia offerto un alibi per giustificare l’infedeltà: non essere mossi dal vile denaro, ma da una missione santa e giusta?

Non una diserzione organizzata dai doveri, un disegno perseguito dopo una paziente pianificazione ed un censimento delle volontà ai livelli alti, piuttosto, una drammatica crescente ineludibile condivisione di volontà, maturata nella grande piazza social, dove ci si contagia, si sperimentano le ragioni proprie e degli altri, si esplorano e si scoprono conferme, luighi e riti, orizzonti comuni, la luce in fondo al tunnel?

Gli interrogativi sono tanti, inquietanti. La visione distopica della realtà lascia legittimamente presumere che chi li pone, stia vaneggiando. Se fossero stati posti negli anni sessanta, settanta e ottanta, quando i servizi deviati avevano padrini politici nazionali ed internazionali, questo è sicuro, avrebbero meritato considerazione.

 

 

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