I divieti del Questore: la piazza del 7 ottobre e le partite di calcio, quella bilancia scivolosa dei diritti

Pone seri problemi il divieto posto dal Questore di Roma alla manifestazione pro-Palestina programmata nell’imminenza del primo anniversario della strage compiuta da Hamas un anno fa. Problematico è sempre il divieto di una manifestazione garantita da una libertà costituzionale… Lo scrive Vladimiro Zagrebelsky (La Stampa, 5.10.24), affronta un tema centrale nel dibattito politico attuale in Italia, il divieto di partecipare ad un evento pubblico, un diritto sancito dalla Carta costituzionale.

La questione suscita reazioni negative perché la manifestazione ha assunto un carattere politico assai rilevante. Il Questore, tuttavia, ha agito nel pieno delle sue funzioni ed i suoi divieti di partecipare sono ricorrenti; per esempio,  il divieto di partecipare ad una partita di calcio per motivi di ordine pubblico, che lede un diritto, incontra il consenso unanime (al netto dei tifosi…impediti); nel merito, manifestare in una ricorrenza così esecrabile, la strage orrenda del 7 ottobre, può legittimamente suscitare indignazione e offrire motivi di consenso sul piano morale. La lesione resta, tuttavia, e la morale, non può prevalere sui diritti.

Ciò premesso, il tema posto dall’autorevole giurista merita una attenta analisi, perché affronta uno dei diritti fondamentali, e non negoziabili, di ogni cittadino, in un contesto politico caratterizzato da una tendenza a fissare divieti, anche laddove non è affatto richiesto da pericoli per l’ordine pubblico. Esamina i pro e i contro con un linguaggio giuridico ma anche con argomenti di carattere politico di indubbia rilevanza

 L’articolo di Vladimiro Zagrebelsky, pubblicato su La Stampa il 5 ottobre 2024, tocca un tema delicato e cruciale nel dibattito politico italiano: il bilanciamento tra la libertà di manifestare e le misure per la sicurezza pubblica. Zagrebelsky affronta la questione non solo da un punto di vista giuridico, ma anche politico. Egli sottolinea come la libertà di manifestare sia un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, e quindi non dovrebbe essere limitato senza giustificazioni stringenti. Il giurista riconosce che, mentre certe manifestazioni possono suscitare indignazione, la restrizione preventiva dei diritti deve essere proporzionata e giustificata da reali pericoli per l’ordine pubblico.

Il richiamo al divieto di partecipare a una partita di calcio evidenzia però un aspetto interessante: entrambi i divieti possono ledere diritti, ma la percezione della loro legittimità varia a seconda del contesto. Mentre il divieto nel caso del calcio viene accettato (perché spesso visto come necessario per evitare disordini), il divieto di una manifestazione politica solleva interrogativi più profondi, poiché tocca un diritto essenziale in una democrazia. Di fatto, quindi, c’è un ribaltamento delle gerarchie: le buone ragioni prevarrebbero sui diritti garantiti dalla Costituzione.

Zagrebelsky invita a considerare se, in assenza di pericoli concreti, sia giusto imporre un divieto, soprattutto in un contesto politico attuale che sembra inclinare verso restrizioni sempre più frequenti dei diritti di espressione e manifestazione. La riflessione sollecitata dal giurista è quindi una richiesta di equilibrio tra la tutela della sicurezza pubblica e il rispetto delle libertà civili.

In sintesi, il dibattito si colloca tra la necessità di garantire l’ordine e il rispetto per i diritti costituzionali, e solleva questioni sulla legittimità e proporzionalità di tali divieti, specie quando la minaccia all’ordine pubblico non appare imminente o chiaramente dimostrata.

 

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