Incentivi per i figli e punizioni per chi non ne ha, il fisco in camera da letto

In un Paese segnato da una crisi demografica sempre più evidente, il dibattito sulle politiche per incentivare le nascite assume toni accesi e, purtroppo, divisivi. I numeri parlano chiaro: il calo delle nascite è un fenomeno costante, e le proiezioni future non fanno che peggiorare. In questo contesto, il governo attuale ha scelto di concentrarsi su una serie di incentivi economici per persuadere le famiglie a fare figli, inserendo queste misure nell’ultima legge finanziaria attualmente al vaglio delle Camere. Tuttavia, ciò che emerge da questa manovra è una logica che non solo manca di efficacia, ma che, soprattutto, rischia di compromettere diritti fondamentali di chi sceglie – legittimamente – di non avere figli.

Gli incentivi fiscali proposti, quali bonus per la nascita dei figli, (redditi bassi, lavoro precario, povertà diffusa, strutture per l’infanzia e altri interventi welfare), purtroppo appaiono lontani dal rappresentare un reale supporto per le famiglie. e confrontati con stipendi impoveriti da un’inflazione crescente e tra i più bassi d’Europa, sembrano più un tentativo di tamponare una falla, piuttosto che una strategia strutturale in grado di favorire un reale miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle famiglie. Ma ancor più preoccupante è la scelta di punire, con strumenti fiscali, chi non aderisce a questa visione familiare.

La manovra introduce infatti pesanti disincentivi per coloro che, per scelta o necessità, non hanno figli. È qui che la questione assume un aspetto delicatissimo, toccando direttamente il diritto alla libera scelta individuale. Prendiamo il caso di una persona single che, per il solo fatto di non aver formato una famiglia, si vede privata di detrazioni fiscali o altri benefici di cui godrebbero le famiglie con figli. Questo non è solo un trattamento differenziato; è una vera e propria discriminazione. Non si può costringere un individuo a mettere al mondo un essere umano, nemmeno con la forza di un incentivo fiscale. Le ragioni che spingono una persona o una coppia a non avere figli sono profondamente personali e appartengono a quella sfera intima e inviolabile che nessun governo può permettersi di calpestare.

Punire chi non ha figli significa negare a questi individui la possibilità di autodeterminarsi. Significa volerli incastrare in un ruolo sociale imposto, con la logica di un sistema che non comprende – o non vuole comprendere – la complessità delle scelte individuali. Eppure, la nostra Costituzione e i trattati internazionali sui diritti civili proteggono il diritto di ciascun individuo di decidere liberamente del proprio percorso di vita. L’intervento del governo in questo ambito è non solo irragionevole, ma anche pericoloso. Imporre la natalità attraverso misure economiche punitive per chi non si adegua, non può essere accettabile in una società che si definisce democratica e rispettosa delle libertà individuali.

La crisi demografica è un problema reale e complesso, ma la sua soluzione non può essere cercata in misure che violano i diritti civili. Piuttosto, il governo dovrebbe impegnarsi a creare un contesto sociale ed economico che favorisca realmente la formazione di nuove famiglie. Questo richiede politiche serie sul lavoro, sull’accesso alla casa, sul welfare, sulla conciliazione tra vita privata e lavorativa – elementi strutturali che possono davvero consentire alle persone di scegliere di avere figli in condizioni di maggiore serenità. La libertà di scelta è uno dei cardini su cui si fonda la nostra democrazia, e va difesa, sempre.

Segui Salvatore Parlagreco su: