Medjugorj è stata accettata dalla Chiesa, ma i miracoli di Medjugorj sono in stand by in una sorta di parcheggio spirituale, nel quale i fedeli possono respirarne l’atmosfera e l’effetto placebo. Sono archeologia i tempi in cui le vigilie elettorali registravano un curioso attivismo di santi e beati sula soglia dell’urna, dove Dio ti vede ma Stalin no. Le parrocchie non si mobilitano più, e le sensibilità del Vaticano, politiche, morali sociali, sono profondamente mutate. C’è più rispetto per fedeli e laici, si tende ad evitare la manipolazione delle fasce più deboli e di riportare la Fede sugli altari, separata e rispettata da una coscienza, civile e religiosa, che non ha niente a che vedere con la magaria e l’osceno uso della credulità popolare. Tutto questo ha imposto dei costi gravosi alla Chiesa. Come può la Chiesa bilanciare la devozione popolare e la necessità di rigore dottrinale in contesti come Medjugorje? Qual è l’impatto della mancata approvazione ufficiale delle apparizioni sui fedeli che si recano a Medjugorje?
La questione di Medjugorje è emblematica del delicato equilibrio che la Chiesa deve mantenere tra la devozione popolare e il rigore dottrinale. Da un lato, la spiritualità che circonda luoghi come Medjugorje alimenta una profonda devozione tra milioni di fedeli; dall’altro, l’assenza di un riconoscimento ufficiale delle apparizioni da parte della Chiesa implica la necessità di cautela per evitare che la fede diventi preda di facili entusiasmi o strumentalizzazioni.
La Chiesa, con una prudente saggezza, ha scelto una posizione intermedia. Medjugorje è stata autorizzata come luogo di pellegrinaggio, dove i fedeli possono cercare conforto spirituale e nutrire la propria fede. Anche la saggezza si paga, tuttavia. La Chiesa non ha approvato ufficialmente le apparizioni, mantenendole in una sorta di “limbo” teologico. Questo “parcheggio spirituale” può essere interpretato come un atto di discernimento, volto a proteggere la fede popolare da possibili derive sensazionalistiche e garantire che l’esperienza religiosa rimanga radicata nel Vangelo, piuttosto che in eventi straordinari.
Per molti fedeli, la mancata approvazione ufficiale delle apparizioni non ha diminuito l’attrazione di Medjugorje. Anzi, il luogo continua a essere una potente fonte di conversioni e vocazioni. Tuttavia, l’incertezza può generare un senso di frustrazione o confusione, soprattutto se si è portati a interpretare la non approvazione come una negazione di validità spirituale. La Chiesa, in questo caso, deve accompagnare con attenzione pastorale i pellegrini, educandoli a una spiritualità che non dipenda esclusivamente dai segni visibili o dai miracoli, ma che si fondi sulla fede profonda, anche quando è priva di riscontri straordinari.
Il rischio che i miracoli, reali o presunti, possano diventare un boomerang mediatico è sempre presente. In un’epoca in cui i media amplificano ogni evento straordinario, la Chiesa deve essere particolarmente attenta a evitare la spettacolarizzazione della fede. Questo non significa negare la possibilità del soprannaturale, ma piuttosto invitare a una riflessione più profonda. Può prevenire il rischio di strumentalizzazione comunicando con chiarezza il valore del discernimento spirituale e ricordando che il vero miracolo è la trasformazione del cuore, piuttosto che un evento esteriore.
In sintesi, il cammino che la Chiesa può percorrere è quello di continuare a valorizzare l’esperienza spirituale dei luoghi come Medjugorje, ma sempre in un quadro di prudenza e rigore dottrinale. Il messaggio centrale deve rimanere la fede in Cristo, che non ha bisogno di conferme straordinarie per essere vissuta in pienezza. La vera sfida è accogliere la devozione popolare senza lasciarsi trascinare dall’emotività, mantenendo la fede dei fedeli ancorata alla tradizione e al magistero.
Una sfida difficile, il cui esito non è prevedibile. La canonizzazione di quattordici santi, assai recente, può essere interpretata come un cammino di fede sulla strada…dei miracoli, attraverso il recupero della loro memoria.