L’ alleanza tra malcontento popolare e potere economico, una minaccia per la democrazia

Assistiamo, con stupore e inquietudine, a un fenomeno sottile e pericoloso: l’incontro, mai formalizzato ma profondamente radicato, tra le frustrazioni dei ceti più vulnerabili – poveri, quasi poveri e buona parte della classe media – e il crescente malcontento dei grandi capitali. Da un lato, un’ampia fetta della popolazione che, stretta tra il costo della vita, l’insicurezza economica e la mancanza di opportunità, trova nei social media il luogo della conferma: qui, il malessere individuale diventa collettivo e si rafforza, creando un’identità sociale basata sulla sfiducia verso le istituzioni e sul bisogno insoddisfatto di giustizia economica e sociale. Dall’altro, emergono le voci di una piccola élite che, sotto traccia o in inattese dichiarazioni pubbliche, esprime un’insoddisfazione altrettanto profonda verso una democrazia percepita come un vincolo, un freno alle iniziative che considera necessarie, un ostacolo alla libera innovazione, una minaccia ai profitti.

Questi due fronti, apparentemente opposti, si sono incrociati sul terrenoi dell’insofferenza verso uno status quo percepito come statico, ingiusto e incapace di rispondere alle esigenze di un mondo in rapida evoluzione. Se questo malcontento di massa e questa insoddisfazione dei ricchi si sommano, c’è il rischio concreto di alterare gli equilibri su cui si fonda la nostra democrazia.

 E’ capitato anche altre volte, ma oggi  il fenomeno riceve un aiuto dalle tecnologie, che accelerano e moltiplicano gli effetti di ogni bisogno, sentiment, individuale e collettivo. Gli strati sociali più vulnerabili hanno visto svanire la sicurezza economica, la speranza di un miglioramento, la fiducia in un ascensore sociale che sembra bloccato. I loro bisogni restano insoddisfatti, e la rabbia verso un sistema considerato insensibile cresce ogni giorno.

Le nuove piattaforme digitali consentono loro di trovare e consolidare la propria comunità di malessere, di far circolare narrazioni che puntano il dito contro le istituzioni. La classe media in crisi e i ceti meno abbienti, a cui viene concesso sempre meno dal sistema, diventano quindi terreno fertile per idee di ribellione, spesso indirizzate da leader populisti che ne amplificano la frustrazione e ricevono sostegno dalle èlite: i grandi capitali si scontrano con regolamentazioni che impongono loro delle regole, in alcuni casi giuste, in altri percepite come un ostacolo. L’élite economica è abituata a muoversi senza troppi limiti; spesso, l’idea di un controllo democratico, anche solo per mitigare le esternalità negative delle proprie azioni, appare come un peso insopportabile e fa nascere e crescere un malcontento verso un sistema che, pur garantendo loro ampia libertà, impone vincoli. Non si chiede più cosa sia giusto per la collettività, ma cosa freni il profitto.

 Questa convergenza di insoddisfazione tra poveri e ricchi, che si alimenta a vicenda e si riconosce nei medesimi nemici – lo Stato e le sue istituzioni – può diventare pericolosa e costituire una minaccia per la tenuta della democrazia, un ostacolo piuttosto che una garanzia di libertà e giustizia, aprendo la strada all’erosione delle strutture democratiche, alla delegittimazione delle istituzioni e al rischio di derive autoritarie.

Già in molte aree del mondo, leader forti e sistemi centralizzati traggono vantaggio da questa sfiducia diffusa, d hanno eliminato le voci critiche. L’idea di una democrazia che protegge, che mitiga i conflitti e cerca di equilibrare le differenze, viene sostituita da una logica di scontro, in cui vince chi è più forte, chi è più influente, chi ha più risorse.

Non può più essere ignorata questa saldatura tra malessere popolare e insofferenza élitaria, comprenderne le cause di fondo, Il rischio maggiore non è che i poveri e i ricchi si alleino formalmente, ma che le istituzioni democratiche, nel loro ruolo di mediazione tra forze contrapposte, perdano sempre più la capacità di ascoltare e di rispondere a entrambi i poli.

Il compito di chi si impegna per il benessere collettivo è dunque doppio: da un lato, rispondere ai bisogni reali di chi vive in condizioni di disagio, creando politiche che diano sicurezza e prospettive, e dall’altro, vigilare affinché il potere economico non diventi così influente da destabilizzare il sistema democratico.

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