Prima la giudice di Catania Iolanda Apostolico, poi i romani Silvia Albano e Marco Patarnello, ora il magistrato di Bologna, Marco Gattuso, di origine siciliana, Presidente della Sezione migranti del Tribunale di Bologna: sono saliti sul banco degli imputati i magistrati, perché colpevoli, con le loro sentenze, di invadere il campo del governo, contestandone le sue decisioni senza averne diritto. La pubblica accusa se l’è assunta il vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, imputato, a sua volta, a Palermo per avere “sequestrato” 150 migranti in mare, impedendo loro di avere le cure e assistenza medica.
Da tre decenni, con la nascita della seconda Repubblica e la discesa in campo di Silvio Berlusconi, le sentenze e le ordinanze dei magistrati “colpevoli” di ingerenza negli affari di governo, hanno provocato un processo mediatico, che anticipa quella giudiziario e vede “dietro le sbarre”, virtualmente, giudici inquirenti e giudicanti. Ad inaugurare questa procedura extragiudiziaria il caso di un magistrato milanese, che ebbe la ventura di occupare dell’affaire Mondadori, l’acquisto della casa editrice da parte delle aziende dell’allora capo del governo, Berlusconi. L’incauto magistrato fu seguito, pedinato, sottoposto ad “anamnesi” caratteriale, ridicolizzato, per evidenziarne le devianze e disegnare una immagine che vanificasse il valore delle sue decisioni. Gli investigatori incaricati della missione salvifica non trovarono di meglio che un paio di calzini multicolori, fotografati come prova inconfutabile dell’inettitudine del gioudice, e rese pubbliche sulla stampa e in televisione.
L’episodio indurrebbe al sorriso oggi, se esso non denunciasse l’origine di una svolta, la macchina dl fango ai danni della magistratura inquirente e giudicante che si mette di traverso al potere esecutivo. Il caso più recente di Bologna, vittima il Presidente della Sezione migranti del tribunale di Bologna, Marco Gattuso, conferma la continuità di questa consuetudine. I quotidiani che fiancheggiano il governo, testate che fanno capo al re Mida della sanità privata, Angelucci, da alcuni giorni raccontano la vita privata del giudice, mettendo a fuoco la nascita di un figlio nato grazie alla gestazione per altri, e la sua intollerabile competenza in materia di diritti Lgbt. Quanto basta per mettere in cattiva luce l’immagine del magistrato che ha il torto di avere chiesto alla Corte di Giustizia europea, con una sentenza, di pronunciarsi a proposito dei “paesi sicuri”, la cui lista, aggiornata dal governo italiano di recente, decide la sorte dei migranti da confinare in Albania.
Non una parola sulle testate governative della competenza del magistrato, la diligenza e l’equilibrio con cui svolge la funzione, l’integrità morale: ogni indizio che potesse inficiare in qualche modo la sua capacità di giudizio o l’attitudine al pregiudizio. Il giudice Gattuso insomma non può che essere un magistrato comunista, nemico del governo, e la sua colpa, imperdonabile, è avere acceso una mina sul percorso di confinamento in Albania dei migranti; confinamento che ha un mandato da assolvere, far credere agli italiani che la questione dei migranti, dirottandone una manciata in terra straniera e fermandone l’invasione, è stata risolta. Una idiozia, in considerazione del carattere universale del problema, reso ancora più grave dai conflitti, l’aggravarsi degli equilibri sociali, gli eventi climatici, che rendono invivibile metà del pianeta e della inconsistenza ed assenza di decisioni che attraverso l’integrazione l’immissione al lavoro regolare, facciano degli “invasori”, una prezioso strumento di sviluppo e di crescita.
Ora la guerra civile fra magistratura e governo è in corso e c’è una accesa competizione fra la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ed il suo vice, Matteo Salvini, sul terreno della difesa dei sacri confini, costi quel che costi. A spese degli italiani, a causa dello spreco enorme di denaro pubblico, e della delittuosa sfiducia verso la giustizia, cardine dello Stato e presidio della democrazia.