Aleksandr Dugin, filosofo e politologo russo, nel recente passato vicino al Cremlino, pochi giorni or sono ha riassunto con efficacia gli obiettivi comuni di Trump e Musk su un post su X. Primi passi: Germania: AfD urgentemente al potere. Regno Unito: Starmer giù, Farage su. Meloni: lasciatela restare (le sue origini ideologiche sono compatibili con Right Woke). Macron: fuori, Le Pen dentro. Tutto il resto ha poca importanza. E’ facile da fare. E’ ora di andare.
Non solo per gli alleati – amici e guardati, dice un vecchio detto – ma anche per Putin, dietro il quale c’è la Cina interessata all’EU fragile e in ambasce, la preda, dunque, è l’Europa. La strategia, sia di Musk-Trump che del Cremlino, è romana, antica e inossidabile: divide et impera. La tattica è un dettaglio, non per questo di minore rilevanza su cui ci illumina l’Arte cinese di vincere, una specie di bibbia del potere, vecchia di tre millenni, che si compone di 36 stratagemmi, tre dei quali calzano a pennello: creare scompiglio ad occidente ed oriente; la pecora da portar via quando capita sotto mano; intorbidare le acque per prendere i pesci.
Il primo dei tre stratagemmi esige di accertare se la volontà del nemico è realmente confusa e, naturalmente, fare in modo che lo sia, creando turbolenze e dissidi. L’UE ci offre un panorama riconducibile alla condizione richiesta.
Il secondo stratagemma suggerisce di aprire un varco, seppur stretto, ed avvantaggiarsene quando si presenta l’occasione. Serve la pecora, che ci faccia entrare nell’ovile. O il cavallo, quello di Troia, secolarizzato dai Greci. Il pregio sta nel fatto che non è necessario scendere in campo. Buona idea. Non manca né la pecora né il cavallo a Bruxelles.
Il terzo stratagemma è solo apparentemente banale. Si fonda su una condizione, l’indecisione del nemico: “i deboli non hanno il potere di decidere a chi poggiarsi o chi contrastare”, a causa della diffidenza e del conflitto di interessi, avverte il saggio. Che l’UE versi in questo stato, una paresi permanente, non sussistono dubbi di sorta, e niente fa credere che guarisca.
Di tempo ce n’è poco. La caccia si apre il 20 gennaio, quando Donald Trump è formalmente il Presidente degli Stati Uniti d’America. Claudio Cerasa, direttore del Foglio (15.1.25) ammonisce: “…più ci si avvicina all’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, più ci si confronta con la strategia di Elon Musk in politica, più ci si misura con gli obiettivi di Putin fuori dai suoi confini e più ci si rende conto che la convergenza c’è, è reale, è alla luce del sole, e ha al centro un unico grande interesse strategico che permette di armonizzare, in un unico calderone, le posizioni di Trump, di Musk e di Putin. In tre parole tutt’altro che retoriche: distruggere l’Europa… significa renderla più vulnerabile, più divisa, più debole, scommettendo sulla sua esplosione politica e investendo le proprie energie per provare a sostenere la crescita dei partiti che al centro del proprio programma elettorale hanno la deflagrazione dell’Unione europea.”
Sovranismi e nazionalismi europei sono perciò graditi. E le ambizioni debordanti pure. La preda, cioè l’Europa, potrà essere acciuffata grazie alla vittoria degli estremismi di destra, che Elon Musk aiuta e protegge ovunque (Germania, Regno Unito, Ungheria ecc), e grazie al trattamento di favore concesso all’Italia nella prossima guerra dei dazi e nelle spese per le armi nella NATO. L’obiettivo può essere raggiunto, a giudicare dalle relazioni personali privilegiate fra il Presidente del Consiglio italiano e il Presidente USA.
Giorgia Meloni non è solo il facilitatore più quotato ed amato della Casa Bianca trumpiana, la leader politicamente più stabile dell’UE, ma anche la pecora da portar via quando capita sotto mano, come recita la raccomandazione del secondo stratagemma cinese.
Se a Palazzo Chigi qualcuno, meglio se membro influente della famiglia Meloni, dedicasse all’Arte cinese di vincere qualche attenzione non sottrarrebbe il suo tempo prezioso al governo del Paese.








