L’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump a Washington (2025) costituisce un caso emblematico della costruzione ipnocratica della realtà. L’evento va esplorato non solo e non tanto come fatto storico, ma come prodotto semiotico generato da una regia discorsiva postumana. A partire dalle coordinate teoriche tracciate in Ipnocrazia di Jianwei Xun (alias Colamedici), si individuano le sequenze operative, gli spin-off e le regie occulte che hanno concorso alla produzione di una realtà inesistente, resa tangibile attraverso un sistema comunicativo avanzato e disincarnato.
L’incontro tra Giorgia Meloni e Donald Trump è stato presentato dai media internazionali come un momento storico. Tuttavia, la forma e la sostanza di questo evento suggeriscono una genesi meno lineare, più prossima alla costruzione di un simulacro che alla cronaca politica. Ipnocrazia, nella sua triplice stratificazione enunciativa (autore empirico, enunciatore simulato, macchina enunciante), fornisce un paradigma critico per indagare le condizioni di produzione di tale evento.
Nel dispositivo ipnocratico, l’enunciazione non è più imputabile a un singolo soggetto. L’autore (Colamedici), l’enunciatore fittizio (Jianwei Xun) e la macchina enunciante (IA) collaborano nella costruzione di un messaggio che si presenta come coerente, ma sfuggente. Questa modalità di enunciazione crea una superficie discorsiva priva di corpo, di referenza diretta, eppure credibile. L’incontro Meloni-Trump appare allora non come documento storico, ma come documento semiotico, effetto di una “macchina di credenza”.
L’ipnocrazia non costruisce eventi ex nihilo: li prefigura come inevitabili. Nei mesi precedenti, una serie di segnali semiotici – incontri secondari, indiscrezioni “trapelate”, dichiarazioni ambigue, anticipazioni preparatorie negli istanti precedenti prefiguranti il successo– ha predisposto il terreno immaginario per l’evento. Questi segnali funzionano come operatori di plausibilità.
Attraverso social network, deepfake, dichiarazioni attribuite a “fonti vicine”, visualizzazioni CGI, interviste deep-edited e un ricco apparato iconografico, si è prodotto un sistema narrativo sinergico, difficilmente smontabile. Le immagini dell’incontro – in particolare l’abbraccio, le bandiere, lo sfondo istituzionale – non sono verificabili, ma iconicamente perfette. Qui opera la macchina enunciante: la percezione viene ottimizzata, non documentata.
A sostegno dell’evento, sono stati attivati dispositivi collaterali: podcast, articoli, approfondimenti di esperti “neutrali”, testimonianze oculari indistinte. Ogni spin-off rinforza il frame narrativo e distribuisce, secondo logiche virali, una versione dell’evento che diventa più vera della verità.
A evento avvenuto, non segue alcuna verifica retrospettiva. Nessuna conferenza stampa esaustiva che affronti gli elementi del dialogo-conflitto (dazi, Ucraina, Europa, Nato, atlantismo). La ritrazione è l’ultima mossa dell’ipnocrazia: l’assenza di tracce rafforza la credenza, impedisce l’indagine. L’evento scompare nel momento in cui diventa parte della storia.
Nel contesto ipnocratico, la resistenza non è opposizione frontale, ma esercizio di autonomia percettiva. Questo concetto, introdotto da Xun, non designa una tecnica, ma un habitus cognitivo: la capacità di percepire la simulazione senza cedere alla sua seduzione. L’autonomia percettiva implica una sospensione del giudizio, una vigilanza semantica, un lavoro continuo di decostruzione delle evidenze.
L’ipnocrazia non è una teoria del complotto, ma una teoria della composizione del reale. L’incontro Meloni-Trump è stato un atto semiurgico, non un fatto. Il futuro della conoscenza, alla luce di questi processi, richiederà nuove categorie: epistemologie ibride, strumenti di indagine enunciativa, e forse nuove forme di “ontologia percettiva”. Il vero pericolo non è la bugia, ma la perfetta plausibilità del fatto (Nell’elaborazione del testo ci si è avvalsi del supporto dell’IA, intelligenza artificiale)







