Nei talkshow dei network italiani si assiste ad una passerella stucchevole dei soliti noti. Il parterre è composto da giornalisti e parlamentari, o esperti che devono rappresentare, a seconda della misura stabilità dall’editore (e dei suoi referenti politico-finanziari), le voci prevalenti. Sono sempre gli stessi, basta un’occhiata e già sai quel che diranno e come lo diranno. Se a loro posto ci fossero dei cloni, o robot, guidati dall’intelligenza artificiale, il talk sarebbe più vario e divertente. Per quanto mi riguarda, siccome ho le mie idee, ascoltare Corrado Augias o Antonio Di Bella o Giovanna Botteri, tanto per fare alcuni nomi, mi interessa, ma le eccellenze non assolvono il talk politico italiano, che non riesce a raggiungere i livelli marginali di co-optazioni esterne del circus partitico tanto giustamente vituperato. Pigrizia, viltà, sudditanza, parco ospiti modesto o aperto solo ai privilegiati, le cose sono come sono e non potrebbe essere diversamente? Di sicuro non ne guadagna la qualità, lo “spettacolo” e il livello di partecipazione. Assistere alla stessa solfa impedisce agli spettatori, seduti in poltrona, di aprirsi all’ascolto, cioè a farsi nuove idee. Appena dai un’occhiata, sai da che parte stanno e quali argomenti, parole usano i personaggi, e alzi un muro di diffidenza, insofferenza, sordità. E’ ciò che vuole chi domina la scena. O no?
Dove sono le fosse comuni? Il generale nega l’Apocalisse di Gaza. Non dovremmo credere nemmeno ai nostri occhi
“E il genocidio a Gaza? 55mila morti denunciati da Hamas, asseverati dalla Albanese e accreditati da Pizzaballa e Zuppi:...
 
			 
			







