Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina procede tra annunci e valutazioni economiche. Ma i dati sul trasporto ferroviario siciliano denunciano un abbandono che fatica a giustificare un’infrastruttura pensata per collegare la rete isolana al resto del Paese. Che senso ha svenarsi per un’opera che lascia le cose come stanno, non prevedendo un investimento che ne permetta la fruizione? E’ come andare a legna senza corda.
Secondo Pendolaria 2024 di Legambiente, la lunghezza complessiva della rete ferroviaria siciliana è di circa 1.450 km. Di questi, 1.267 km (circa l’85%) sono a binario unico. Quasi la metà – 689 km, pari al 46,2% – non è elettrificata. La velocità media effettiva sulle linee che collegano i capoluoghi di provincia, nelle ore di punta, oscilla fra 26 e 28 km/h (fonte: Osservatorio CPI, Università Cattolica, Alpauno).
L’elettrificazione parziale non coincide con l’ammodernamento: dei circa 792 km elettrificati solo 223 km dispongono di doppio binario (dati Wikipedia su base RFI). Il resto è ancora vincolato a limiti strutturali che condizionano tempi di percorrenza e frequenze.
In questo scenario, il Ponte sullo Stretto rischia di sovrapporsi a un sistema ferroviario che, sull’isola, non garantisce oggi standard minimi di efficienza. Senza investimenti su tracciati, binari e velocità commerciale, il collegamento stabile con la Calabria rischia di restare un’infrastruttura isolata, più simbolica che funzionale al trasporto passeggeri e merci.
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