Ve la ricordate New York, New York. La cantarono Franck Sinatra e Barbara Streisand; dopo averla ascoltata mille volte ti viene la voglia di riascoltarla ancora. Perché New York è New York, ma è anche la città che ami, qualunque essa sia. Ti fa girare la testa e ti entra dentro, e non sai spiegarlo ad alcuno. Accade sempre qualcosa “normale”che stupisce. O di terribile, come l’11 settembre, o di impossibile, eppure reale, come Zohran, 33 anni, democratico, candidato sindaco, El Cid campeador degli “antiestablishment”: duro e puro, “inventore del nuovo modo di contrastare Trump buttandosi a sinistra”, scrive Giuliano Ferrara sul Foglio, “estrema sinistra sociale, terzomondista, umanitaria, giovanile; una sinistra degli attendati che presenta agli americani tutti il socialismo del XXI secolo…alternativa al turbocapitalismo populista e ai modi fanfaroni del presidente in carica e della sua vasta cricca di ampio successo e incontrastato, per adesso…”
Le suggestioni newyorkesi, va confessato, giungono fino a noi in mancanza d’altro e nel bel mezzo della chiacchiera sull’ancoraggio riformista moderato come stato di necessità, la cui assenza concederebbe vistosi favori al centrodestra maggioritario, che di moderazione ha ben poco.
Ferrara prefigura il successo di una rivoluzione della solidarietà e dell’eguaglianza da agitare come una bandiera, posto che a solidarietà e eguaglianza si affianchi una certa efficacia riformatrice. Inonderà l’America e dall’America il mondo? Utopia.
Di sicuro, spiega l’editorialista del Foglio, lo stile di Zohran è controtrumpiano, mutua dal nemico ideologico e politico del mondo liberal e socialista il carisma di un possibile nuovo uomo forte, a parti rovesciate, con un linguaggio forte e chiaro anche nella più disperante ambiguità.”
Arriva da New York la buona novella? Mah. Una cosa è certa: ciò che accade lì, oggi, conta di più rispetto a ciò che accade in Ungheria, la patria di Orban, amico del cuore della Premier Meloni e di Donald Trump, famoso per i suoi Niet antieuropei, “no” secchi e definitivi. Non solo perché l’Ungheria ha meno abitanti, denari e influenza di New York, ma per la potenziale forza d’urto negli Usa, e perciò nel nostro mondo. E non solo.
 
			 
			




