(Salvatore Parlagreco) Scoprire il gioco mediatico messo in campo da Mattei, nel tentativo di smontare il cartello delle Sette Sorelle, servirebbe a stringere il cerchio attorno ai mandanti della fine prematura di Mattei. Grazie al giacimento di Gela l’Agip potè legittimare la sua presenza nel salotto buono delle grandi compagnie petrolifere e accreditare il nostro Paese nel mondo arabo, dove Mattei con una mossa da maestro avrebbe offerto ai paesi produttori, come la Persia (oggi Iran), un dividendo doppio rispetto a quello concesso dalle grandi compagnie petrolifere, il celebre fifty-fifty. Sappiamo come si concluse la cavalcata del Cavaliere Solitario: nel cielo di Bascapè, con una fine crudele.
Il patrolchimico non è una delle fabbrichette in crisi che vendono cioccolatini o cappelli guadagnando l’attenzione dei network. E’ vero che il made in Italy è fatto anche di Baci Perugina e di Pernigotti: hanno dato al nostro Paese, rendendolo attraente, ma la Sicilia ha sputato sangue, le sono stati affidati i miasmi, si è svenata, ha pagato con lo sfascio di mare, boschi, colline e fiumi i numeri della bilancia energetica dei pagamenti. L’Anic di Gela non è uno dei casi di crisi aziendale: né lustrini né umori glamour accompagnano il suo percorso industriale.
Lavoratori e cittadini gelesi hanno respirato aria fetida per mezzo secolo e le ciminiere spente, la cui vista testimonia un popolo cornuto e mazziato, non ispirano nostalgia e rimpianto, piuttosto malanimo. Anche se sono in tanti quelli che vivono gli anni dei fumi e dell’odore acre nell’aria come gli scappati dall’Africa: preferiscono rischiare la vita sul Canale di Sicilia per rompersi la schiena 12 o 14 ore al giorno sulla piana di Sibari al soldo dei caporali o al capezzale dei nostri vecchi.
La Sicilia arranca del resto; non si muove foglia. E’ tutto dovuto ai padroni del vapore, l’accoglienza concessa a basi e strutture militari Usa e Nato, a metanodotti e autostrade per le telecomunicazioni collegate con mezzo mondo. Un ruolo strategico di primissimo piano, una presenza politica inesistente.
Aspettiamo al varco, dunque, questo governo ambientalista, che dovrebbe investire risorse nella green economy e nel Mezzogiorno, finora sedotto e abbandonato dalla perfidia di governanti che non hanno nascosto, nel recente passato, nemmeno la loro avversione verso i terroni mangiapane a tradimento.
Toccherà a Gela – la Gela politica, sindacale; Gela della società civile, pigra ed immatura – mettere alla prova la svolta ambientalista. Se lo sfascio ambientale è questione nazionale, permane il rischio che rispunti la politica dei “due tempi” (prima la locomotiva, cioè il nord, e poi i vagoni, cioè il Sud) . Che è la variante di una legge, ancora più frequentata, quella del più forte
(Pubblicato il 8-9-2019)
 
			 
			







