Ebbe ragione Achille Occhetto , ex segretario del Pds, che guidò i progressisti nella sconfitta elettorale del 1994, a affermare un anno fa che non ci sono molte affinità tra quell’epoca, il ’94, e il 2023, ma il sospetto che qualcosa in comune ci sia, rilascia un infausto presagio. Il Pd, più che pensare al M5s, suggerì un anno addietro Occhetto, deve giocarsi fino in fondo la sua identità di sinistra. Davanti ai suoi occhi vagava lo spettro della “Gioiosa macchina da guerra”, celebre locuzione dei Progressisti, ovvero l’alleanza tra partiti socialisti, verdi e di sinistra che scese in campo alle elezioni con ampie possibilità di successo, secondo la stampa dell’epoca.
Lo spettro è stato evocato stavolta da Giuseppe Conte. A conclusione di un’epica disfida con il fondatore ed ex garante del Movimento, Beppe Grillo, disfida dalla quale è uscito vincitore, il petto gonfio d’orgoglio, Conte ha definito la carta identità dell’ex Movimento, dopo l’attraversamento del Rubicone (da movimento a partito): il partito sarà progressista, indipendente, esterno alla famiglia della sinistra. La uova identità ha gettato nel panico alcuni, nell’imbarazzo altri e nell’incertezza tutti, perché non si capisce che cosa sia la cosa progressista fuori dalla sinistra e in mano al M5s, diventato partito, abituati come si è a credere che il termine progressista sia l’abito della sinistra, da coniugare come si vuole.
Se è del tutto legittimo tracciare i confini per rendersi riconoscibili, evitando di essere fagocitati dall’alleato oggi più forte, il PD, la corazza studiata su misura per non sparire, rischia di portare indietro l’orologio della storia, quel meglio soli che male accompagnati che precedette ogni sorta di alleanza politica pentastellata (Lega, centrosinistra, Draghi), un limbo nel quale nuota a suo agio, da sempre, lo spin doctor più letto dagli iscritti, cioé Marco Travaglio, storico avversario del centrosinistra in generale e del PD in particolare.
La storia non è più maestra di vita, è vero, ma i suoi presagi ed i rintocchi vengono ancora ascoltati studiati e usati, quando serve. Potrebbe servire perciò raccontare i fasti, anzi i nefasti, dell’Alleanza progressista che turbano ancora dopo circa 30 anni il sonno di Achille Occhetto.
L’alleanza progressista segnò la definitiva rinuncia della sinistra ex comunista (PDS) ed ex democristiana, popolari e rete, al consenso elettorale dei socialisti e provoca l’inevitabile sconfitta del 1994. Nel confronto con il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi (Forza Italia), nel presentare le liste dei candidati dell’Alleanza progressista, i dirigenti della Rete, un movimento anche quello poi scomparso, a Palermo sostennero che i socialisti dovessero fare penitenza, saltando un turno.
Gli ex comunisti dell’Alleanza progressista furono invero più cauti degli ex democristiani della Rete. Credono, non a torto, che in questo modo nessun voto socialista giungerà al Pci-Pds , tuttavia non smentirono la necessità di far saltare un turno ai socialisti, ormai impresentabili, né proposero un significativo distinguo fra la tradizione socialista e i personaggi coinvolti nelle iniziative giudiziarie.
i socialisti in Sicilia rimasero fuori dalle candidature dell’Alleanza progressista. Forza Italia e la destra conquistarono nelle circoscrizioni dell’Isola ottennero l’en plein, un così elevato numero di collegi al Senato e alla camera da provocare la sconfitta dell’Alleanza progressista in sede nazionale. L’evidenza delll’incredibile errore politico, nato nella culla della Dc detta di sinistra, fece nascere il sospetto che ai danni del PSI ci fosse stato un complotto cattocomunista.
Se le cose stessero realmente così non lo so, e mi pare improbabile, Ma gli effetti della improvvida scelta politica furono deleteri per la sinistra, e continuano ancora oggi a pesare sulla bilancia bipolare a favore del centrodestra. Il movimento di Berlusconi, creato in pochi giorni, vinse le elezioni, raccogliendo la maggior parte dei voti dell’ex PSI per la sola ragione che esso rappresentava l’avversario riconoscibile del patto fra ex comunisti ed ex democristiani.
Che avessero usato la clava i leghisti senza patria, storia e idee, non può sorprendere nessuno; che democristiani e comunisti, dismessi gli abiti feriali, partecipassero alla festa dell’antipolitica e puntassero sul parlamento legittimato, ci interroga ancora oggi sulla misura della spregiudicatezza e del cinismo di quel compulso contesto politico.
E’ assai probabile che né i sentimenti né la cattiva coscienza abbiano guidato gli eventi, ma solidi interessi di carattere politico. Fino al crollo del muro di Berlino i due partiti della sinistra dispongono delle medesime potenzialità di successo: le prove elettorali frenano l’onda lunga craxiana e gli equilibri della sinistra restano stabili, a vantaggio del PCI; dopo la caduta, nel 1989, si pronostica che il psi, possa acquisire il pacchetto di maggioranza della sinistra. Questa previsione impaurisce e incattivisce i comunisti, disponendoli all’uso di ogni episodio utile per delegittimare i socialisti. i leghisti Lombardi scuotono l’albero, i comunisti risuscitano la questione morale e ne fanno la bandiera.
Tanti elettori socialisti hanno gridato al complotto e continuano a farlo. Il complotto è improbabile, la convergenza di interessi, composti e diversi, assai probabile. L’alleanza progressista segna la definitiva rinuncia della sinistra ex comunista (PDS) ed ex democristiana, popolari e rete, chiude al consenso elettorale dei socialisti e provoca l’inevitabile sconfitta del 1994.
L’opzione progressista, seppur vaga e frutto di una situazione contingente – la guerra fra fondatore del Movimento ed il capo del partito pentastellato – indebolisce il fronte dell’opposizione; lo spettro dell’alleanza progressista spaventa come una campana a morte a causa dell’imprevedibilità dell’attore meno affidabile del centrosinistra.
 
			 
			







