Una volta presentavi il partner come fidanzata/o, moglie/marito, oppure, genericamente, collega o amico/a, accezione quest’ultima a cui ricorrere solo tutte le altre identità non sono in alcun moto praticabili per via del fatto che “amico/a” si presta al sospetto, alla malignità per via dell’uso ambiguo che se ne faceva. Naturalmente, c’era (e c’è) l’amante, ma nel gossip di ogni giorno.
Fra le coppie formali c’è stata l’irruzione della figura del compagno/a in concomitanza della scomparsa (politica) del termine nella politica di sinistra socialcomunista. Il compagno/a ha visto consolidarsi il ruolo e conquistare il carisma concesso alle unioni laiche e religiose di marito/moglie.
Si resta compagni per una vita intera senza recriminazioni, anzi prende piede l’idea che il patto di coppia valga più, sentimentalmente ed affettivamente, del contratto di matrimonio, essendo libero e aperto. Insomma, si sta insieme solo perché lo vogliamo e non per i vincoli, lacci e lacciuoli del contratto. Una mano, tuttavia, ai “compagni”, l’hanno data le leggi sulla famiglia, che considerano la coppia stabile, non sposata, alla stregua di quella contrattualizzata.
Le cose, inoltre, si sono semplificate perciò, ma fino a un certo punto. Accanto alla relazione (stabile o instabile), si è aggiunta la situationship, per tanti ancora un oggetto misterioso, ma di fatto assai presente nella società contemporanea.
L’Oxford University Press nel 2023 l’ha inserita nel ventaglio della “parola dell’anno”, riconoscendogli il diritto di rappresentare tutte le relazioni romantiche e sessuali «che non sono state ufficializzate o consolidate», e manifestare « l’incertezza e la mancanza di formalizzazione che molte persone avvertono nei loro rapporti interpersonali». Con una curiosa particolarità: la condizione situazionale viene attribuita solo agli altri, coloro che la riconoscono, individuano segnalano non la riferiscono mai a se stessi. La sua instabilità, denunciata apertamente, non è un buon biglietto di visita per i partner.
Siamo agli antipodi del contratto di matrimonio, la situationship, così diffusa, poggia sulla variabilità, la provvisorietà, l’assenza di promesse, impegni, presenti o futuri. Ma ridurla ad un incontro fugace, di una notte, o ad una simpatia vacanziera, non sarebbe corretto. Il futuro sembra anzi proiettare la situationship nell’olimpo delle relazioni slegate da condizionamenti di ogni natura, anche affettiva.
L’impressione è che questa….situazione è stata vissuta anche in passata, solo che l’Oxford University Press non aveva fatto ancora…il passo più lungo della gamba, dovendo rispettare la morale comune, ben lontana dalla realtà.








