“Il giuramento di Lampedusa”, ode al “Capitano”
(Alla maniera del Berchet)
L’han assolto. L’ho visto in tribunal,
con sorriso pacato e sereno,
l’han assolto: “Il delitto è un baleno,
un errore che colpa non fa.”
Oh spettacol infido! L’Italia
s’alza in coro a lodare il suo eroe,
mentre al largo una barca si muove
con le grida che il mare affogò.
“Capitano!” le folle lo acclamano,
dai confini ai salotti mondani.
È tornato il profeta dei piani,
dei timori che un dì seminò.
Questa patria, che il sangue dei padri
vide un tempo versar per la gloria,
oggi alza lo scudo: è vittoria!
Non sui mari, ma dentro i caffè.
“Non v’è colpa,” ripete la stampa,
e ogni titolo è un inno solenne:
“Difendiamo i confini e le penne,
che giustizia alla toga non dà.”
Ma chi sono quegli uomini e donne,
che da spiagge lontane vagarono?
Per le vie della fame arrancarono,
in un sogno che qui li portò?
“Non importa!” risponde il Capitan,
col rosario al collo pendente,
e la fede che il cuore gli mente:
“Gesù ama, ma qui no, per carità.”
Su nel cielo, confuso, lo scruta
San Giuseppe, e Maria al suo fianco:
“Quell’Evangel scordò, ma d’un fianco
porta il nome che mai seguirà.”
Oh Papete! Oh ruspe e mojito!
Oh baldanza che il vento asseconda!
Tu sei l’eco d’Italia che affonda
nel passato che l’oggi scordò.
Hai giurato, Capitano d’Italia,
di difendere il popolo eletto:
“Non si passa!” proclami diletto,
mentre intanto il cantiere crollò.
E i morti? Li contano altrove,
sulle strade e sui mari ribelli.
Son fantasmi; ma quanti di quelli
minacciosi tu chiami invasor?
Per quest’onda, che al cuor fa paura,
semaforo rosso è tua legge impura.
Chi si salva e prega sul gregge,
viene accolto col grido: “Orsù, va!”
L’han assolto. L’ho visto nel giorno
del trionfo, sorridere franco.
“Ho vinto!” ripeteva stanco,
“Abbiam vinto, evviva, crimine non è
Difender il suolo natio”, urlan
Elon, Giorgia e compagnia.
Ma martire non sei, Capitano,
ché il martirio non è al tuo cammino.
Tu governi l’istinto meschino,
e risorgi soltanto per te.
Oh Italia, che fu un tempo gloriosa,
che giurasti sui monti e sul piano,
oggi canti al tuo fiero sovrano
che ha paura del vento del sud.
Non è croce che porti, Salvini,
né un destino di santo e di martire.
La tua spada son selfie e Papete:
un passato che giammai tornerà.








