E’ come se Luigi Mangione, giovane americano di origini italiane – avesse commesso un regicidio: ha ucciso il re dell’assixurazione sanitaria, che negli Usa ha il potere di decidere di fatto della vita e della morte di milioni di cittadini statunitensi. Se hai un tumore o una grave malattia cardiaca, e hai bisogno di cure, ma non puoi pagare la “seconda” assicurazione, molto costosa, che ti fa accedere ad un intervento salvavita, le aspettative di vita sono assai modeste. L’italo americano Luigi Mangione, ove fossero confermati gli indizi a suo carico, avrebbe sparato a un bersaglio “ideologico”, come il giovane anarchico che ammazzò Umberto I° nel 1989, connsiderandolo emblema della illiberalità del suo tempo.
L’ideologia del “regicida” è spiegata con il motto «Deny, defend, depose», cioè «Nega, difendi, deponi», le tre parole che Luigi Mangione ha inciso sulle pallottole con cui ha ucciso c, Ceo dell’azienda di assicurazioni sanitarie United Healthcare. Ci sarà tempo per decrittare il messaggio. Per intanto vale la pena di riferire che il killer – diploma alla prestigiosa Gilman School, primo della classe, laurea in informatica – è ricordato nell’ambiente scolastico per alcune sue dichiarazioni, che oggi assumono il carattere di una profezia: ho imparato il coraggio di esplorare l’ignoto e le cose nuove; sono preoccupato dal crescente consumismo, che ci allontana dai noi stess».
Non basta per scoprire il movente del delitto, ma basta per capire la sorprendente aura di eroismo con la quale tanti americani lo hanno consacrato alla memoria del suo tempo. Sono state prodotte e distribuite adesivi, tazze, spille e magliette dove Mangione è rappresentato come il difensore della povera gente, il vendicatore delle malefatte del sistema. Sul Corriere della Sera, in un reportage, si legge la risposta data da una nota Compagnia assicurativa ad una madre che perorava invano la causa del figlio bisognevole di cure urgenti :«Non tutto quello che è necessario per vivere si qualifica come necessario dal punto di vista medico”. La donna ha postato sui social di avere provato per la famiglia del manager ucciso la stessa pietà che “queste aziende hanno avuto per la mia famiglia”.
Un assassino, qualunque sia la motivazione, resta un assassino. Ma le motivazioni non possono essere cancellate né essere punite, perché esprimono bisogni, valori, principi. L’assassino espia la sua colpa, com’è giusto che sia, ma la ragione del delitto guadagna il bisogno di essere indagata, riflettuta, considerata. La vittima ha pagato una colpa che gli viene attribuita ingiustamente. Ma se l’assassino è arrivato a tanto, uccidere un uomo, e non c’è niente nella sua giovane vita – carattere, disagio, salute mentale – che offra un movente personale per il suo gesto, allora la motivazione deve essere oggetto di indagine. Essa proclama una ingiustizia e potrebbe indurre altri a ripetere lo stesso gesto. Un regicidio fuori tempo?
 
			 
			







