L’antiscienza al governo del mondo? La nomina di Robert Kennedy, alla testa del dipartimento della salute negli Stati Uniti preoccupa e lascia intravvedere un futuro pieno di incognite. Il fatto che quanto avviene è lontano da noi, non allevia le preoccupazioni. Kennedy dà risposte assolute facili e semplicistiche alle grandi domande della scienza, è dichiasratamente un complottista, un no vax. 87 scienziati, Premi Nobel, hanno firmato un appello indirizzato l’amministrazione Trump che si appresta a succedere a Biden, per manifestare le loro preoccupazioni. I guai ricadono sul mondo intero, perché nel campo della medicina e delle tecnologie negli Usa si sono fatti passi da gigante.
La nomina di Robert F. Kennedy Jr. a capo del Dipartimento della Salute negli Stati Uniti rappresenta perciò non solo una scelta politica controversa, ma un vero e proprio segnale di allarme per il destino globale della scienza e della sanità pubblica. In un’epoca già segnata dalla disinformazione e dalla polarizzazione ideologica, questa decisione getta un’ombra lunga su un futuro in cui l’antiscienza potrebbe non essere più un fenomeno marginale, ma il principio organizzatore delle politiche sanitarie e tecnologiche del mondo.
Durante il primo mandato di Donald Trump, in un momento cruciale della pandemia di COVID-19, il Presidente suggerì l’iniezione di disinfettanti come possibile trattamento contro il virus. L’episodio, avvenuto durante una conferenza stampa nell’aprile 2020, scatenò un’ondata di indignazione nella comunità medica e scientifica, costringendo molti esperti a intervenire per smentire pubblicamente l’assurdità del consiglio.
La scienza, con i suoi metodi rigorosi e il suo impegno verso la verifica empirica, è il pilastro su cui si regge gran parte del progresso umano: dalle vaccinazioni che hanno debellato malattie letali, alle tecnologie che consentono di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico. Tuttavia, l’ascesa di figure come Kennedy, noto per la sua retorica complottista e antivaccinista, suggerisce che questa fiducia collettiva nella scienza non è più un valore condiviso.
Se l’antiscienza diventa il paradigma dominante, le conseguenze potrebbero essere devastanti. Immaginiamo un mondo in cui decisioni fondamentali per la salute pubblica vengono prese non sulla base di evidenze, ma di credenze personali o di narrative politiche costruite ad arte. Un mondo in cui la verità scientifica viene messa in discussione non perché sia sbagliata, ma perché non si adatta a un’agenda ideologica.
Nel 2035, gli Stati Uniti, un tempo avanguardia della ricerca scientifica, sono diventati un laboratorio di disinformazione istituzionalizzata. I programmi di vaccinazione sono stati smantellati con la promessa di “liberare il corpo umano dalla tirannia delle multinazionali farmaceutiche”. La poliomielite, un ricordo del passato, ricompare nelle scuole, colpendo centinaia di bambini. Malattie come il morbillo e la difterite, un tempo considerate sconfitte, tornano a diffondersi a livello globale, alimentate dal declino delle coperture vaccinali.
Nel frattempo, il sistema sanitario crolla sotto il peso di teorie pseudoscientifiche. Gli ospedali, svuotati di personale qualificato, si affidano a trattamenti alternativi non comprovati. I pazienti, confusi e disperati, si rivolgono a terapie prive di fondamento scientifico, lasciando che malattie curabili diventino sentenze di morte.
La ricerca scientifica, privata di fondi e delegittimata da campagne di propaganda, entra in una crisi profonda. I ricercatori, costretti a lavorare in clandestinità o a emigrare in Paesi più aperti alla scienza, vedono anni di progresso annullati. Le università, un tempo luoghi di innovazione e conoscenza, si trasformano in centri di addestramento per “esperti” che promuovono teorie complottiste.
Le conseguenze non si limitano agli Stati Uniti. La loro influenza globale, un tempo veicolo di innovazione, diventa un canale per la diffusione di ideologie antiscientifiche. Organizzazioni internazionali come l’OMS si trovano paralizzate, mentre governi populisti in altre parti del mondo emulano il modello americano, minando la collaborazione globale su temi come la lotta alle pandemie e il cambiamento climatico.
Il clima stesso, già sull’orlo del collasso, diventa vittima della nuova ideologia. Le politiche per la riduzione delle emissioni vengono etichettate come “inganni globalisti”, e le iniziative per sviluppare tecnologie sostenibili vengono abbandonate. Il pianeta, lasciato senza difese, sprofonda in una spirale di disastri naturali, migrazioni di massa e conflitti per le risorse.
Questa visione distopica non è inevitabile, ma rappresenta un possibile esito se il mondo si piega all’antiscienza. La nomina di Robert F. Kennedy Jr. non è solo una decisione politica: è un bivio culturale e morale. È il momento in cui l’umanità deve scegliere se affidarsi alla razionalità e alla conoscenza o soccombere al fascino delle risposte semplici e assolute.
Per evitare questo futuro, è necessario un impegno collettivo per difendere la scienza come bene comune, investire nell’educazione scientifica e rafforzare le istituzioni che la proteggono. La lotta contro l’antiscienza non riguarda solo gli scienziati, ma ogni cittadino che crede nel valore della verità, nella dignità della vita umana e nella possibilità di un progresso autentico.
La scienza non è perfetta, ma è il nostro migliore strumento per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro sostenibile. Lasciare che venga relegata a un ruolo secondario equivale a consegnare l’umanità a un’oscurità da cui potrebbe non riemergere.







