Dopo la morte davvero non c’è niente? Un incidente automobilistico grave mi portò , nel 1999, al Pronto Soccorso prima e poi a una degenza di 15 giorni ( tre anni per riprendermi). Riportai un trauma cranioencefalico, stato di commozione cerebrale, arresto cardio respiratorio, costole fratturate, diplopia e nistagmo agli occhi…. Passò, fortunatamente un’ambulanza per caso…….. Infatti sono qui, nel 2023, a raccontarvi che, nel momento dell’impatto, perdendo conoscenza, vidi un enorme schermo dai cui angoli scendevano dei triangoli neri, sempre più larghi, che si congiunsero al centro. Tutto divenne nero, il nulla. In una frazione di secondi. Ero diventata un nulla nel nulla. A distanza di ore ripresi conoscenza. Ricordo che mi sentivo molto rilassata e tranquilla nonostante mi stessero informando che avevo avuto un incidente. I miei occhi erano chiusi, avvertivo una voce ma io mi sentivo come un astronauta che navigava solitario nello spazio, solo ma in pace…..
E’ una testimonianza, come altre, che ci interroga sul mistero più grande, un tema profondo e universale: il mistero della vita dopo la morte. La scienza, la filosofia e la spiritualità hanno indagato a lungo su ciò che accade nei momenti che precedono e seguono la fine della vita, ma le risposte definitive restano elusive. Analizziamo il fenomeno, facendo riferimento a studi scientifici e osservazioni rigorose.
Le esperienze di pre-morte (Esperienze di pre-morte, NDE – Near Death Experiences)) sono vissuti intensi riportati da individui che si trovano in condizioni di arresto cardiaco o coma. Elementi comuni includono sensazioni di pace, visioni di tunnel di luce, incontri con figure care o entità luminose, o, come nella testimonianza sopra, una percezione di “nulla”.
Studi effettuati utilizzando elettroencefalogrammi (EEG) su persone in arresto cardiaco o in condizioni terminali hanno mostrato che il cervello può attivarsi brevemente con un’intensità insolita. Uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (2013) ha osservato che, nei secondi successivi all’arresto cardiaco, si verifica un aumento di onde cerebrali gamma, legate a percezioni visive e consapevolezza.
L’anossia cerebrale (mancanza di ossigeno al cervello) è ritenuta una delle principali cause delle esperienze di pace e distacco dal corpo. Durante l’arresto cardiaco, l’attività cerebrale residua può generare sensazioni simili a quelle descritte dagli astronauti in assenza di gravità, come senso di fluttuazione e serenità.
La liberazione di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina nei momenti critici potrebbe contribuire a sensazioni di tranquillità e visioni particolari. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato che anche la DMT (dimetiltriptamina), un composto naturalmente presente nel corpo, possa essere coinvolta.
Studi condotti da Sam Parnia, esperto di rianimazione presso la NYU Langone School of Medicine, suggeriscono che alcune persone che subiscono un arresto cardiaco possano avere ricordi vividi di eventi accaduti durante l’apparente stato di incoscienza. Le testimonianze variano, il che lascia spazio sia a spiegazioni neuroscientifiche che a riflessioni filosofiche.
L’idea che “non ci sia niente” dopo la morte è coerente con una visione materialistica della realtà, secondo cui la coscienza emerge dal cervello e cessa di esistere con la morte cerebrale. Tuttavia, altre scuole di pensiero considerano la coscienza come qualcosa di separato dal corpo fisico, il che lascia aperta la possibilità di esistenza oltre la vita. Ricercatori come il fisico Sir Roger Penrose e il medico Stuart Hameroff hanno ritenuto che la coscienza possa essere collegata a processi quantistici nei microtubuli delle cellule cerebrali, ipotizzando che questa possa sopravvivere alla morte del corpo.
Le esperienze variano enormemente a seconda delle credenze personali e culturali. Questo suggerisce che l’elaborazione cerebrale potrebbe essere influenzata dal bagaglio individuale di chi vive l’esperienza. Le esperienze come quella descritta nella testimonianza sopra citata ci pongono di fronte a domande fondamentali sul significato della vita e della morte. La scienza continua a investigare, ma il fenomeno resta avvolto nel mistero. Ciò che sembra emergere è che il cervello, anche nei suoi ultimi istanti, conserva una straordinaria capacità di creare percezioni ed emozioni intense. Tuttavia, se queste siano semplici manifestazioni fisiologiche o segnali di qualcosa di più grande, rimane una questione aperta.
Fonti
- Sam Parnia, The Lazarus Effect
- Olaf Blanke, “Out-of-body experiences in neuroscience” (Nature Reviews Neuroscience, 2004)
- NDE Research Foundation (ndrf.org)








