C’è un momento, ogni anno, in cui sui social esplode un fermento prevedibile. Le classifiche della qualità della vita, come quella del Sole 24 Ore, fanno capolino e, con esse, le solite discussioni. “Bergamo al top, Reggio Calabria fanalino di coda” titolano i giornali, e subito si levano le voci indignate o compiaciute, a seconda di dove si vive. È un teatrino collaudato, che ormai conosciamo bene. Erri De Luca, come sempre poetico, lo sintetizza con ironia: «Napoli è fuori scala, troppo esagerata per misurarsi con questi parametri». Eppure, eccoci qui, a leggere e commentare graduatorie che vorrebbero dirci dove la vita è migliore. Ma, davvero, ha senso tutto questo?
Le classifiche, si sa, si basano su numeri: dati economici, infrastrutture, servizi. Bergamo primeggia perché eccelle in lavoro, servizi pubblici, ambiente. Napoli arranca, vittima di croniche inefficienze. Ma i numeri possono davvero raccontare tutto? Chi vive a Napoli e si perde in un sorriso per strada o in una serata di musica, chi beve un caffè che è poesia, forse non si sentirà così “ultimo”.
D’altro canto, è vero che i numeri hanno un valore. Mostrano problemi reali: un trasporto pubblico inefficiente, una sanità traballante. Eppure, come si fa a pesare il calore umano, la bellezza che respiri nelle piazze di Palermo o nei vicoli di Reggio Calabria?
Ogni anno è un carosello di commenti: “Milano invincibile nel lavoro, ma penalizzata dalla criminalità”; “Gorizia crolla, ma cinque mesi fa era in vetta”; “Rovigo ultima in Veneto, ma risale quindici posizioni”. E via con i paragoni calcistici: Modena in “zona Champions”, Arezzo in “zona retrocessione”.
Le province si scontrano, i politici si giustificano. “Non rispecchia la realtà!”, grida chi è in coda. “È solo un trampolino di lancio per migliorare”, promettono altri. Intanto, sui social si discute con fervore, si scherza, si litiga. Forse è proprio questo il vero scopo delle classifiche: far parlare.
Eppure, dietro tutto questo c’è una verità più semplice. La qualità della vita non è solo numeri. È fatta di emozioni, esperienze, ricordi. È vivere in un posto che, nonostante i problemi, ti fa sentire a casa. Chi si sente bene a Bergamo si gode il riconoscimento. Chi vive a Napoli, 107esima in classifica, continua ad amare la propria città come sempre, forse di più. Magari mugunando.
Le classifiche hanno un valore, sì. Servono a mettere a fuoco cosa funziona e cosa no, a chi governa e a chi vive. Ma non potranno mai raccontare tutto. Perché la qualità della vita, quella vera, è un equilibrio tra cuore e ragione. I numeri pesano, ma non vincono mai da soli. Forse, la domanda giusta non è quale città è “la migliore”, ma cosa rende una città la tua. Perché, alla fine, la qualità della vita è qualcosa che si sente, prima ancora che qualcosa da misurare.
(LIberamente ispirato da un articolo della Rivista Studio)








