La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza altrui. È una verità antica quanto il dominio stesso: il potere, per mantenersi saldo, deve instillare il dubbio, alimentare la paura e manipolare le percezioni. Il mondo contemporaneo ne offre innumerevoli esempi, manifestazioni che si presentano come stratagemmi raffinati o come rozze manovre, tutte convergenti verso un unico obiettivo: il controllo.
L’arte dell’inganno politico ha raggiunto vette di sottigliezza inquietante. La strategia si fonda su un gioco di specchi, su attacchi fittizi che celano la vera intenzione. Si finge di minacciare da un lato per colpire dall’altro, si agita un conflitto lontano per distrarre l’attenzione da quello imminente. È la logica dei burattinai globali: tagliare l’erba alta per risvegliare i serpenti nascosti. E così Trump, con le sue manovre spregiudicate, ha agitato le acque per portare alla luce vecchie rivalità e tensioni sopite. Non è solo un gioco di forza, ma un esercizio di pura manipolazione.
L’Europa, in questo schema, diventa il campo di battaglia silenzioso. Un continente che viene destabilizzato non per distruggerlo fisicamente, ma per svuotarlo dall’interno, ridurlo a un simulacro inanimato della sua antica gloria. Allentare la presa per poi stringerla con più vigore: una tattica subdola che mira a fiaccare la resistenza psicologica prima ancora di quella politica. Trump desidera il cadavere dell’Europa, non per seppellirlo, ma per evocare il suo spettro, svuotato di significato e privo di volontà.
In questa spirale di stratagemmi e inganni, l’etica viene sacrificata sull’altare della potenza. I valori, le regole e le leggi diventano meri orpelli, maschere da indossare quando fa comodo e da gettare via senza remore quando diventano d’intralcio. Il potere si spoglia di ogni moralità, e ciò che resta è una nuda lotta per la supremazia, priva di vergogna e scrupoli.
Resistere a questa deriva non è impresa da poco. Esige un coraggio che va oltre la semplice opposizione politica: arrendersi significa accettare una sudditanza totale, un vassallaggio senza dignità. È la rinuncia definitiva alla libertà, la consegna delle chiavi della propria coscienza a un padrone onnipresente.
Il saccheggio delle coscienze è già in atto. Gli algoritmi plasmano le opinioni, alimentando bolle di convinzioni prefabbricate. I sovranismi e i populismi prêt-à-porter forniscono risposte semplici a problemi complessi, illudendo le masse con il miraggio di una sovranità che è, in realtà, una nuova forma di servitù. Il pensiero critico viene eroso, le identità manipolate, le paure strumentalizzate.
La domanda che sorge spontanea è se tutto ciò possa essere fermato. Esiste ancora una possibilità di resistenza? O siamo destinati a soccombere a un dominio che si nutre della nostra stessa insicurezza?
La risposta non è semplice né univoca. Tuttavia, una certezza rimane: la resistenza passa dalla consapevolezza. Solo riappropriandosi del pensiero critico, riconoscendo gli inganni e smascherando le strategie di potere si può sperare di contrastare questa deriva. Non è una battaglia per deboli di cuore, ma la storia insegna che i cicli di oppressione non sono eterni.
Ogni dominio, anche il più pervasivo, porta in sé i germi della propria fine.
La sfida è immane, ma necessaria. Perché la vera sicurezza non si costruisce sull’insicurezza altrui, ma sulla libertà condivisa e sul rispetto reciproco. E finché esisteranno coscienze pronte a resistere, il potere non potrà mai dirsi completamente al sicuro.






