Dalla metà del 2024, le acque c, in prossimità del Golfo di Augusta, sono divenute un punto nevralgico per le attività della cosiddetta “flotta fantasma” russa. Questa flotta è composta da petroliere utilizzate per aggirare le sanzioni europee sul petrolio imposte dopo l’invasione dell’Ucraina. Un’inchiesta condotta da Greenpeace Italia, in collaborazione con la trasmissione Report di Rai3, ha monitorato da gennaio a novembre 2024 le operazioni di 52 petroliere in quest’area, documentando 33 trasferimenti di greggio da nave a nave (ship-to-ship transfer) in mare aperto. Di questi, almeno 10 hanno coinvolto navi riconducibili alla flotta fantasma russa. Queste operazioni avvengono a poche centinaia di metri dalle acque territoriali italiane, rendendo difficile l’intervento diretto delle autorità nazionali. Tuttavia, la vicinanza alle coste italiane rappresenta un grave rischio ambientale, poiché molte di queste navi sono obsolete e prive di adeguate coperture assicurative, aumentando la possibilità di sversamenti di petrolio in mare.
L’inchiesta ha inoltre rivelato che alcune società italiane forniscono servizi di assistenza tecnica a queste petroliere, facilitando indirettamente le operazioni illecite. Ad esempio, la società di certificazione RINA Spa, partecipata al 70% dal Registro Navale Italiano e con rappresentanti del Ministero dei Trasporti nel consiglio di amministrazione, continua a certificare navi della flotta fantasma. Inoltre, alcune delle imbarcazioni coinvolte appartenevano in precedenza ad armatori italiani, evidenziando una connessione diretta con l’industria marittima nazionale.
Le autorità italiane sembrano essere a conoscenza di queste attività, ma l’assenza di interventi concreti solleva interrogativi sulla vigilanza e sul controllo nell’applicazione delle sanzioni. In altri Paesi europei, come la Grecia, le autorità hanno adottato misure più incisive per scoraggiare tali operazioni. Ad esempio, nel maggio 2024, la Grecia ha emesso un avviso di esercitazioni militari quando la flotta fantasma russa è stata individuata nel Golfo di Lakonikos, costringendo le petroliere a spostarsi altrove.
Le conseguenze di queste attività non si limitano alla violazione delle sanzioni economiche, ma rappresentano anche una minaccia significativa per l’ecosistema marino del Mediterraneo. La presenza di navi vecchie e mal mantenute, spesso prive di assicurazione adeguata, aumenta il rischio di incidenti e disastri ambientali. Inoltre, la mancanza di trasparenza sulle operazioni e la difficoltà nel risalire ai responsabili in caso di incidenti complicano ulteriormente la gestione di eventuali emergenze ambientali.
In risposta a queste rivelazioni, Greenpeace Italia ha chiesto al governo italiano e all’Unione Europea di identificare e sanzionare le petroliere della flotta fantasma, potenziare la vigilanza sull’applicazione delle sanzioni e accelerare la transizione verso fonti energetiche rinnovabili per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Solo attraverso azioni concrete e coordinate sarà possibile contrastare efficacemente queste attività illecite e proteggere l’ambiente marino del Mediterraneo.







