Domenica 9 marzo, nella quiete forzata degli arresti domiciliari, si è spento improvvisamente Carmine Gallo, l’ex super poliziotto e fondatore della controversa agenzia di investigazioni Equalize di Milano. Aveva 66 anni e si trovava agli arresti dal mese di ottobre scorso, accusato di associazione a delinquere, accesso abusivo a sistemi informatici e altri reati connessi a un sistema di spionaggio parallelo. La sua morte, apparentemente dovuta a un infarto, ha acceso nuovi interrogativi su un’inchiesta già intricata. Il pubblico ministero ha disposto l’autopsia, il decesso avviene in un momento cruciale: il 19 marzo Gallo avrebbe dovuto comparire davanti al Tribunale del Riesame per il ricorso contro i domiciliari, mentre la Procura di Milano chiedeva per lui la custodia cautelare in carcere.
Dossier segreti e l’ombra dell’intelligence
Gallo non era un semplice detective privato. Negli ambienti investigativi, il suo nome era sinonimo di operazioni opache, contatti riservati e accesso illecito a informazioni sensibili. La sua società, Equalize, fondata con il presidente di Fondazione Fiera Enrico Pazzali, era sospettata di essere molto più di un’agenzia di investigazioni private: dietro la sua facciata, poteva celarsi una struttura parallela, con ramificazioni nell’intelligence e nelle forze di polizia. La stessa magistratura sospettava che la sua rete avesse accesso a informazioni riservate grazie a connivenze con apparati dello Stato.
Le indagini avevano infatti rivelato un presunto legame con la cosiddetta “squadra Fiore”, una misteriosa cellula dei servizi segreti italiani. E proprio questa pista si ricollega a una delle questioni più scottanti dello scandalo: l’uso dello spyware Graphite, sviluppato dalla società israeliana Paragon, per monitorare giornalisti, attivisti e membri del clero.
Graphite: il grande occhio digitale e le ombre sui rapporti con l’Italia
Graphite non è un software qualsiasi. È uno strumento di sorveglianza altamente sofisticato, in grado di infettare dispositivi senza lasciare tracce evidenti. Tra gli spiati figurano il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, autore di un’inchiesta sulle formazioni neofasciste di Fratelli d’Italia, Luca Casarini, leader della missione Mediterranea Saving Humans, e don Matteo Ferrari, cappellano di bordo nelle operazioni di soccorso in mare. Tutti profili scomodi per determinati apparati dello Stato.
La domanda è: chi ha ordinato la sorveglianza? La società Paragon, ufficialmente, è passata di recente sotto il controllo di un fondo di investimento americano, ma rimane soggetta alla supervisione del Ministero della Difesa israeliano e al Defense Export Control Law, la normativa che regolamenta la vendita di tecnologia di sorveglianza a governi esteri. Questo significa che ogni operazione di Graphite deve essere autorizzata da Tel Aviv.
Il governo italiano ha sempre negato di aver mai acquistato o utilizzato Graphite. Tuttavia, secondo alcune fonti giornalistiche internazionali, Paragon avrebbe rescisso il contratto con l’Italia a seguito di pressioni diplomatiche e accuse di un uso improprio del software. Se ciò fosse vero, perché il nostro governo continuerebbe a negare tutto? E soprattutto, chi avrebbe usato Graphite per sorvegliare giornalisti e attivisti?
Un dettaglio cruciale è emerso negli ultimi mesi: è stata Meta, la società madre di Facebook e WhatsApp, a scoprire e segnalare alle vittime la compromissione dei loro dispositivi tramite Graphite. Questo solleva un’altra questione inquietante: se la rescissione del contratto con l’Italia fosse vera, significa che fino a un certo punto Graphite era effettivamente nelle mani di qualche apparato del nostro Paese. Ma chi lo controllava? La magistratura ha cercato di chiarire il punto, ma le smentite ufficiali non fanno che alimentare i sospetti.
La scomparsa improvvisa di Gallo toglie all’inchiesta il suo personaggio chiave. Nei suoi interrogatori, l’ex poliziotto aveva ammesso di aver effettuato accessi abusivi alle banche dati della polizia, ma aveva sempre negato di aver gestito una centrale di spionaggio illegale. La sua frase più enigmatica, “Ho sempre lavorato per le istituzioni“, aveva rafforzato i sospetti che Equalize non fosse solo un’agenzia privata, ma un’emanazione ufficiosa di apparati statali deviati.
Ora, con la sua morte, alcuni segreti potrebbero essere stati sepolti per sempre. Ma le domande restano: chi ha ordinato lo spionaggio? Per conto di chi lavorava realmente Gallo,se il governo italiano continua a negare ogni coinvolgimento?
L’inchiesta sulla rete di spionaggio illegale non è chiusa. Anzi, la morte di Gallo potrebbe rappresentare solo l’inizio di un mistero ancora più grande.








