Nel dopoguerra, Anni Cinquanta, i cartelloni dedicati ai film hollywoodiani ricevevano giudizi tutt’altro che benevoli, quando rappresentavano il mitico protagonismo vincente dei cow boys e dei soldati blu. Il pistolero, il “picciotto” per i siciliani, subiva una espressione che sarebbe diventata iconica: la storia era una americanata, bull-sheet, cioè idiozia.
L’epiteto irriverente, pronunciato con il sorriso sulle labbra, non scoraggiava la visione del film e la sua trama scontata, inneggiante l’eroismo jenky in divisa e senza, anzi. Le platee erano affollate e si registravano esplosioni di autentico entusiasmo nelle scene clou della pellicola, appena la sequenza carica di tensione si risolveva a favore degli eroi, l’arrivo dei “nostri”. Le sorti del conflitto, seconda guerra mondiale appena conclusa, trascinavano le stelle a strisce in cima nella graduatoria degli “invincibili” nel cuore delle giovani generazioni e rasserevano gli animi provati di coloro che avevano vissuto l’era del machismo mussoliniano, rivelatosi una “bolla”.
C’è dell’altro: i drammi raccontati sullo schermo avevano il pregio di sciogliersi sempre e comunque a favore dell’eroe buono, erano un ottimo farmaco per la cura delle ansie, rendevano giustizia al bisogno di sentirsi vincenti. L’America era perciò amata, non solo al cinema. Certo, sulle piazze la sinistra socialcomunista guardava alla patria del proletariato, la Russia sovietica, ma il confronto ideologico restava fuori dal cinema, non scalfiva l’immagine dell’America giovane, bella e vittoriosa con i soldati blu e i berretti verde dei marines.
Beh, tutto questo è finito di colpo: in meno di un mese il nuovo inquilino della Casa Bianca, Donald Trump, è riuscito nell’impresa, che la disinformatia sovietica e russa hanno invano tentato: il faro della democrazia, l’alleato di sempre, il protettore, s’è trasformato in un competitor ostile dell’Europa. I campioni della ricerca scientifica e tecnologica si sono trasformati in negazionisti e predoni, gli avversari storici della Russia, sovietica e post-zarista, in alleati antieuropei. Il Cattivo, perdente, ha conquistato l’America. Come se la Metro Gold Mayer, la produzione più nota, quella che si affaccia con il leone che ruggisce, si impadronita dello Studio Ovale
Il Cattivo entra nel saloon, è accolto dal favore dei presenti, si mette sul petto la stella dello sceriffo, e instaura la sua legge; è uscito dal grande schermo, si è materializzato. L’ americanata si è fatta realtà, capovolgendo l’antico copione. E tutto finisce qui, ahimè!. A scrivere la storia non è uno sceneggiatore di Hollywood, ma un pistolero in carne e ossa, brutto e odioso.







