La cessione di Bialetti a NUO Capital, fondo d’investimento legato alla famiglia Cheng di Hong Kong, ha suscitato un’ondata di reazioni emotive. Il marchio dell’iconica moka, simbolo del design e del gusto italiano, passa per 53 milioni di euro sotto controllo cinese, con il 78,6% delle azioni cedute e un piano di delisting dalla Borsa di Milano.
Questo evento non è isolato. Pirelli, con il 37% delle quote in mano a Sinochem, ha annunciato di non avere piani di investimento negli Stati Uniti, a causa di ostacoli regolatori e tensioni tra azionisti cinesi e italiani. Nel frattempo, aziende come Fincantieri ed Eni stanno espandendo la loro presenza negli Stati Uniti, cercando di adattarsi alle nuove dinamiche del mercato globale.
Questi sviluppi evidenziano una realtà: nel mercato globale, le logiche economiche spesso prevalgono sulle aspirazioni di sovranità nazionale. La cessione di Bialetti, pur simbolicamente significativa, riflette una necessità di adattamento e sopravvivenza in un contesto economico in continua evoluzione.
In un mondo interconnesso, le aziende devono navigare tra esigenze di mercato, pressioni politiche e cambiamenti tecnologici. La sfida per l’Italia è trovare un equilibrio tra protezione delle proprie eccellenze e apertura alle opportunità globali, riconoscendo che il controllo sovrano ha limiti nel contesto economico attuale. Un fardello o una opportunità? Il disordine trumpiano da una parte, il mercato globale dall’altra. Trump e il controllo sovrano sono una calamita per il governo sovranista italiano. La vera sfida è preservare l’identità e l’innovazione che rendono uniche le eccellenze italiane, dalla loro proprietà tuttavia dipende il lavoro, occupazione.







