Lettera riservata – personale e confidenziale
Alla cortese attenzione di Donald J. Trump,
Presidente degli Stati Uniti d’America (passato, presente e, chissà, futuro)
Washington, vigilia del 17 aprile
Caro Donald,
ti scrivo col cuore colmo di gratitudine e con l’animo attento, vigile — e lo ammetto, lievemente allarmato — in vista del nostro incontro imminente a Washington, che so già si caricherà di significati ben oltre le consuete liturgie diplomatiche. È un passaggio che può pesare come oro, oppure esplodere come una miccia — e come tale va trattato.
Sai che non mi spaventa l’arena politica, ma riconosco quando cammino su un filo. In Italia, la tua figura è, come dire… discussa. Sei entrato nell’immaginario collettivo con la forza di un uragano e l’imprevedibilità di un buco nero: sempre presente, sempre acceso, spesso fuori orbita (con affetto!). Ed è proprio per questo che oso pregarti: il 17 aprile, ti prego, sii sobrio.
Per sobrio, intendo:
– niente battute di spirito, che da noi rischiano di diventare battute di spirito santo (e quindi, dogmi) sui titoli dei giornali;
– niente parolacce sull’Europa, che qui risuonerebbero come bestemmie dette in chiesa (e mi toccherebbe inginocchiarmi davanti a Bruxelles con il capo cosparso di cenere);
– niente allusioni alle deportazioni: noi italiani siamo un popolo di emigrati e non ce la facciamo proprio a scherzarci su;
– e se posso chiedere l’impossibile: niente elogi al Vicepresidente Salvini, che già si presenta nei miei incubi vestito da statua del Liberty, recitando i tuoi tweet come salmi.
Caro amico, mi affido alla tua astuzia. A Washington non sarà solo Giorgia a parlare con Donald, ma sarà l’Italia a guardare negli occhi il Presidente degli Stati Uniti. È un’opportunità storica — per te, per noi. E, come direbbe Re Carlo III (che in Italia ha conquistato tutti): a volte il silenzio è più efficace di mille slogan. Tu sei capace di colpire con un’occhiata, se lo vuoi.
Nel mio ruolo, come sai, farebbe piacere fare da “ponte”. Un ponte delicato tra passioni forti e ragioni fragili. In patria, tuttavia, c’è un altro “Ponte” che confonde le acque: quello sullo Stretto di Messina. Il mio Vice, tuo biografo in incognito, ci si è impigliato con una tale insistenza da meritare l’appellativo — intraducibile, ma ti do un’idea — di bimbominchia. Non farci caso: è un’ossessione nazionale, come il caffè al bar e la fila dal dottore.
Per quanto mi riguarda, io sono un ponte con i piedi ben piantati sulla riva dell’amicizia, e lo sguardo rivolto a un futuro condiviso. Fammi questo favore, Donald: aiutami a tenere in piedi questa fragile architettura. Un solo scivolone, e il ponte cade. Un tuo gesto misurato, invece, può renderlo eterno.
Con affetto sincero, e una certa trepidazione,.
Tua (per sempre),
Giorgia
P.S. Ogni volta che guardo il cielo e vedo passare un satellite, penso a Elon. Sarà suo, mi domando? Tu lo conosci meglio di tutti. Posso fidarmi anch’io? Gli affideresti la cassaforte personale? Ci chiede di dare ai suoi satelliti ogni nostro segreto…)







