Il vertice NATO appena concluso si è trasformato in una parodia della diplomazia occidentale. Un’esibizione ossequiosa, una messinscena di baci e sorrisi rivolta a Donald Trump, che, da profeta della lobby delle armi, ha incassato il più grande regalo geopolitico e finanziario della storia americana: un’Europa che, nel nome di una sicurezza disegnata altrove, firma il proprio dissanguamento economico e strategico.
La retorica della “colonna europea della NATO”, promossa da Giorgia Meloni come segno d’emancipazione continentale, si rivela invece il cavallo di Troia dell’asservimento definitivo: né autonomia strategica, né capacità industriale comune. Solo acquisti seriali di armamenti made in USA, su debito, fuori da ogni progettualità europea. L’Italia, in questa farsa, si è distinta per un entusiasmo fuori misura, in perfetta sintonia con la linea trumpiana, mentre la Spagna, colpevole di un accenno di dissenso, è stata pubblicamente dileggiata.
Trump non ha avuto bisogno di offrire nulla. Bastava la minaccia: dazi, ritorsioni, disimpegno militare. Il ricatto ha funzionato. E nel silenzio si consuma la vera tragedia: l’Europa si consegna a un’America che ha smantellato l’alleanza atlantica di ieri per sostituirla con una sudditanza a senso unico, che avvicina Washington a Mosca – oggi paradossalmente più “utili” l’un l’altra – e allontana il continente europeo da ogni centralità.
Nel frattempo, le voci critiche, spesso eredi di un antiamericanismo cieco e anacronistico, si dimostrano inutili o, peggio, complici. Incapaci di distinguere fra Reagan e Trump, fra deterrenza e distruzione dell’ordine, offrono un alibi culturale alla stessa deriva che denunciano. Così, tra gli ululati della propaganda e la complicità dell’afasia storica, l’Europa si spegne. In silenzio. Con grazia. E sotto anestesia assistita.
 
			 
			







