Non serve un complotto, basta la convergenza di interessi. Russia, Israele, Stati Uniti in configurazioni politiche diverse ma con un tratto comune: considerano l’Europa un ostacolo.
La Russia di Putin, isolata sul piano economico, risponde alla dichiarazione europea a favore dell’integrità territoriale dell’Ucraina con un’accusa studiata per polarizzare: “volantino nazista”. Israele di Netanyahu, nel pieno di una campagna militare su Gaza che ha già distrutto infrastrutture e vite, bolla come “antisemitismo” qualsiasi rilievo critico proveniente dalle cancellerie europee. L’America trumpiana, con la sua dottrina dei dazi punitivi, attacca l’Europa non solo sul terreno commerciale ma simbolico: l’alleato storico trasformato in concorrente sleale.
Dietro le parole, le mosse. Putin punta sull’erosione delle sanzioni e sulla divisione tra stati membri. Netanyahu lavora per blindare l’appoggio di Washington e neutralizzare le voci europee nella diplomazia mediorientale. Trump (e il trumpismo che resta) mira a riscrivere le regole del commercio internazionale a vantaggio esclusivo dell’industria americana.
Tre direzioni, un obiettivo: ridurre l’Europa a periferia del sistema globale. Non serve un’occupazione militare: basta svuotare di potere politico un continente che ancora si percepisce come modello, ma che fatica a esserlo.







