Ancora una volta il Quirinale ha imposto uno stop alla strategia di accentramento dell’esecutivo. Sergio Mattarella ha bloccato la norma del decreto Sport che avrebbe attribuito alla società pubblica Sport e Salute Spa – di nomina governativa – la gestione diretta degli eventi sportivi finanziati con oltre 5 milioni di euro. Un intervento netto, che ha costretto il governo a fare marcia indietro, stralciando la disposizione pur di evitare un rinvio alle Camere. La posta in gioco non era tecnica, ma politica: il tentativo di ridurre l’autonomia delle federazioni e consolidare un controllo centrale anche sullo sport. Il presidente della Repubblica ha tracciato un confine. E l’ha fatto con precisione chirurgica.
Nel decreto Sport, il governo aveva inserito una norma che consentiva di affidare direttamente a Sport e Salute Spa – società controllata dal Ministero dell’Economia – l’organizzazione di eventi sportivi finanziati con oltre 5 milioni di euro di contributi pubblici. Una mossa che puntava a centralizzare la gestione degli eventi, sottraendola progressivamente all’autonomia delle federazioni e rafforzando l’intervento diretto dell’esecutivo nel settore sportivo.
Il Quirinale ha però sollevato rilievi formali e sostanziali, costringendo il governo a ritirare l’articolo contestato insieme ad altri due emendamenti aggiunti alla Camera. Il ministro Abodi, inizialmente deciso a mantenere il provvedimento, ha dovuto cedere dopo un lungo braccio di ferro con la Presidenza della Repubblica, che ha esercitato una moral suasion determinante.
La vicenda segna una tappa significativa nella strategia di accentramento del governo Meloni. Dopo l’arte, la cultura e l’informazione, anche lo sport è oggetto di una progressiva riconduzione sotto il controllo politico. L’obiettivo non è solo gestionale, ma anche simbolico: riportare sotto il perimetro dell’esecutivo tutti gli ambiti in cui si produce consenso, visibilità e rappresentazione dell’identità nazionale. Le federazioni, con il loro margine di autonomia e le loro relazioni internazionali, restano un ostacolo. E il tentativo di aggirarle, pur battuto in questa occasione, resta sul tavolo.







