Carlo Calenda — senatore e fondatore di Azione, eletto nel plurinominale Sicilia-01 nel 2022 — ha attaccato l’ARS sostenendo che l’uso del voto segreto durante la sessione di bilancio alimenti ricatti e mercimoni. Il punto è serio, perché tra “segretezza” e “governabilità” in Sicilia si gioca una partita che dipende sia dal regolamento d’Aula sia dall’architettura elettorale e statutaria. La critica di Calenda tocca un nervo scoperto:la combinazione fra stabilità numerica e opacità decisionale.
L’Assemblea può votare per alzata e seduta, per divisione, per scrutinio nominale e per scrutinio segreto. Lo scrutinio segreto può essere chiesto da almeno 7 deputati; nelle questioni “riguardanti persone” è obbligatorio. In caso di concorrenza di richieste, il segreto prevale.
Regola generale: nel voto finale vige lo scrutinio nominale; il voto diventa segreto se lo chiedono almeno 9 deputati. Eccezione cruciale: per legge di bilancio, consuntivo, variazioni ed esercizio provvisorio, la votazione finale è sempre nominale (quindi non segreta) e non può essere posta la fiducia sulla votazione finale. Il voto “segreto” può intervenire su molte votazioni intermedie (articoli, emendamenti), ma non sull’ultimo voto dei testi finanziari.
Questo spiega la frizione politica: la trincea del voto segreto non è l’ultimo passaggio, ma la fase emendativa della sessione di bilancio, dove si concentrano norme micro-distributive e “aggiustamenti” su cui si negozia sottobanco e non.
Alla Camera dei deputati lo scrutinio segreto è escluso per la finanziaria, i bilanci e tutte le deliberazioni con effetti finanziari: una scelta di trasparenza “di sistema”. Diverse regioni ammettono il segreto, ma ne circoscrivono l’impiego. In Lombardia, ad esempio, l’art. 79 del Regolamento consente il segreto su richiesta, salvo che il Presidente del Consiglio dichiari che l’oggetto investe il Programma di governo (in quel caso il segreto non si applica). La Sicilia, sul punto, è più permissiva nella fase emendativa.
La legge elettorale regionale attribuisce un premio di maggioranza fino a 42 seggi su 70 alla coalizione del Presidente eletto (7 seggi “di lista regionale”, con meccanismo di integrazione se la coalizione si ferma sotto quota 42). L’assetto è pensato per garantire stabilità all’Esecutivo. Sul piano statutario vale la regola “simul stabunt, simul cadent”: sfiducia o dimissioni del Presidente comportano elezioni anticipate per Presidente e ARS entro tre mesi.
Perché, nonostante tutto, la maggioranza “si sfalda” sul bilancio?Due fattori si sommano: opacità negoziale nella fase emendativa (dove il segreto è chiedibile), che rende meno “costosa” politicamente la defezione; assenza di una sanzione automatica quando la maggioranza si disallinea su snodi di bilancio prima dell’ultimo voto (che resta pubblico). In pratica, la coalizione può incrinare la coesione senza pagare subito il prezzo istituzionale di una sfiducia al Presidente.
Si deve dunque allineare il Regolamento ARS allo standard Camera per le materie finanziarie: vietare lo scrutinio segreto non solo sul voto finale ma su tutte le votazioni (articoli, emendamenti, ordini del giorno) che abbiano impatto finanziario diretto o indiretto durante la sessione di bilancio.L’effetto sarebbe una maggiore responsabilità individuale (tracciabilità del voto) e costo reputazionale delle defezioni.
Un altro elemento va tuttavia introdotto: una “clausola di responsabilità” che colleghi il bilancio alla tenuta della legislatura attraverso un vincolo politico-procedurale. In altri termini l’uso della questione di fiducia sugli articoli-cardine (ammessa in ARS sugli articoli, non sull’ultimo voto) e prevedere, in una legge statutaria o in una riforma regolamentare, l’impegno ex ante del Presidente a rassegnare le dimissioni in caso di bocciatura della fiducia su quelle disposizioni-cerniera. Le dimissioni attiverebbero per via statutaria il “simul stabunt” e quindi nuove elezioni.
La sostenibilità della modifica poggia sull’auto-dimissione del Presidente, un atto politico compatibile con l’art. 10 dello Statuto, che non crea un “circuito fiduciario parallelo” vietato, ma utilizza gli strumenti già riconosciuti (fiducia sugli articoli; dimissioni del Presidente).
Si può sperimentare una via “municipale” (più difficile): sanzione automatica per mancata approvazione del bilancio. Ci sono contro-indicazioni: il benchmark: nei Comuni la mancata approvazione del bilancio comporta commissariamento e possibile scioglimento. Questo automatismo richiede un ancoraggio costituzionale o statutario forte; oggi lo scioglimento regionale è rimesso a casi tipizzati (art. 126 Cost.) e a decreto del Presidente della Repubblica. Più realistico lavorare sull’opzione 2 (dimissioni automatiche “politicamente vincolate”).
Non serve introdurre lo scioglimento per il bilancio per legge ordinaria ; è sufficiente la clausola di auto-responsabilità del Presidente (dimissioni vincolate) che innesca il meccanismo statutario già vigente che innesca il meccanismo statutario già vigente.
(L’articolo è stato. elaborato con il supporto dell’AI)