C’è stato un tempo in cui l’Italia era considerata un laboratorio strategico della Guerra Fredda: terra di confine, anello debole, linea rossa tra Est e Ovest. Oggi quel tempo sembra essersi reincarnato. Non più nella forma dei carri armati sovietici alle porte, ma nei capitali che scorrono silenziosi ai partiti italiani. Non più nel fumo delle bombe, ma nel rumore ovattato delle fondazioni culturali, influencer embedded e think tank allineati. Sigfrido Ranucci, su TV Talk (Rete 3, Rai) ha anticipato uno dei temi oggetto della prossima inchiesta di Report: i finanziamenti di Fondazioni culturali statunitensi ai partiti italiani
I dollari sono tornati a circolare: fondi leciti, fondi strategici, fondi elettorali. Meglio mimetizzata ed attrezzata l’influenza russa, che può contare su alleanze trasversali. Risorse da investire nel web, rifornire la “pancia” del populismo: video-fake, disinformazione ben confezionata che scateni polemiche e sospetti. L’obiettivo non è cambiato: orientare l’Italia, piegarla a un disegno geopolitico che travalica la sovranità nazionale, affidato, è questa la drittata, all’area sovranista o alla ideologia del mito sovietico. E video-fake, una disinformazione ben confezionata che scateni polemiche e sospetti.
Trump e Putin, in questa gara, adoperano gli stessi strumenti con cui le superpotenze si sono contese Roma nei decenni postbellici: denaro, propaganda, intermediari politici, fondazioni, think tank. L’Italia viene osservata come territorio “borderline”, frontiera instabile, da orbanizzare magari con la benedizione russo-americana. Strategia raffinata. Abbandonata la ruvida contrapposizione degli anni Settanta, quando il compromesso storico faceva paura a Washington e il golpe era sempre dietro l’angolo. Oggi il pericolo non è militare ma sistemico, e si insinua nei gangli della politica italianas, nel dibattito pubblico, perfino nelle redazioni.
Gli strumenti si sono raffinati. Ma il quadro resta lo stesso: leader che si inchinano ai desideri di potenze terze; apparati istituzionali sonnolenti o contigui; un’opinione pubblica partigiana o divisa tra smarrimento e indifferenza.
L’Italia si lascia penetrare da interessi non suoi. Chi difende davvero la sovranità oggi? E chi ne ha fatto una bandiera elettorale, ma tace su questi intrecci, non sta forse giocando un’altra partita? L’impressione è che le ingerenze non siano uno spettro, ma una realtà che ci riporta – con nuovi volti e vecchie trame – alle stagioni più cupe della nostra Repubblica: quelle della strategia della tensione, dei golpe mancati e degli ambasciatori invisibili.
Oggi come allora, l’Italia è il bottino.
Però tranquilli. Non è la Guerra Fredda. È solo un po’ di calore strategico. Un po’ di dollari patriottici. Un po’ di amici americani e russi che si contendono la nostra anima, i nostri partiti, le nostre urne. Ma sempre per il nostro bene, si capisce.
D’altronde, siamo l’Italia: non abbiamo mai deciso da soli, ma lo facciamo sempre liberamente.








