La nostra epoca è caratterizzata da una doppia polarizzazione che segna profondamente il tessuto sociale, culturale ed economico: da un lato, la polarizzazione delle competenze; dall’altro, la polarizzazione del discorso politico. Questo intreccio complesso non solo disegna i contorni di una società sempre più frammentata, ma evidenzia dinamiche che rischiano di erodere le fondamenta stesse della democrazia.
Un recente rapporto dell’OCSE ci consegna un dato allarmante: un terzo degli adulti italiani vive in condizioni di analfabetismo funzionale. Questo significa che milioni di cittadini sono in grado di leggere e scrivere, ma non possiedono le competenze necessarie per interpretare testi complessi, analizzare criticamente informazioni o utilizzare strumenti tecnologici avanzati.
In un mondo sempre più orientato verso il digitale e l’automazione, questa disparità rappresenta una barriera insormontabile che condanna una parte significativa della popolazione a una condizione di marginalità economica e sociale. Tale divario non è solo un problema educativo, ma un terreno fertile per disuguaglianze economiche e polarizzazioni culturali. Le competenze, oggi più che mai, determinano non solo l’accesso al lavoro ma anche la capacità di esercitare una cittadinanza attiva e consapevole.
Parallelamente, osserviamo una crescente polarizzazione del discorso politico e dell’offerta politica, che sembra sposare la causa populista e il bipolarismo radicale. Il linguaggio si è semplificato, ridotto a slogan incisivi, ma spesso privi di sostanza. La destra populista ha affinato l’arte di comunicare attraverso parole d’ordine capaci di fare leva su emozioni primarie: paura, rabbia, appartenenza. Questo linguaggio assoluto, privo di sfumature e distaccato dalla complessità della realtà, trova una vasta eco in una società che, per molteplici ragioni, non sempre dispone degli strumenti per valutare criticamente i messaggi ricevuti.
Non si può ridurre questa dinamica a una contrapposizione tra “analfabeti funzionali, inevitabilmente di destra” e “acculturati, inevitabilmente di sinistra”. Tuttavia, è innegabile che la semplificazione estrema del linguaggio politico trova maggiore terreno fertile in contesti in cui la capacità di analisi critica è compromessa. Questo non solo avvantaggia chi fa della retorica il proprio strumento di consenso, ma mina il dialogo democratico, sostituendo il confronto con la contrapposizione.
I nuovi strumenti di comunicazione, dai social network alle piattaforme di messaggistica istantanea, amplificano questa duplice polarizzazione. La struttura stessa dei social media privilegia messaggi brevi, accattivanti e facilmente condivisibili. La velocità della comunicazione e la natura algoritmica delle piattaforme tendono a creare “bolle informative” in cui gli utenti si confrontano quasi esclusivamente con contenuti che rafforzano le proprie convinzioni. Questo fenomeno, noto come “filter bubble”, limita ulteriormente la capacità di analisi critica e la comprensione delle opinioni altrui, alimentando una spirale di incomunicabilità e conflitto.
La polarizzazione delle competenze e del discorso politico non è solo un problema di oggi: è un rischio per il domani. Una società divisa è una società fragile, incapace di affrontare sfide comuni come il cambiamento climatico, le disuguaglianze economiche o la transizione digitale.
Cosa possiamo fare? È necessario un intervento multilivello. Sul fronte educativo, serve un piano straordinario per l’alfabetizzazione funzionale, che includa percorsi di apprendimento permanente per gli adulti. Sul piano politico, occorre favorire un ritorno alla complessità, promuovendo un linguaggio che, pur essendo accessibile, non tradisca la realtà dei fatti. Infine, sul piano tecnologico, è fondamentale regolamentare gli algoritmi che governano le piattaforme digitali, incentivando la diversità delle fonti e promuovendo un’informazione di qualità.
Un rapporto di Eurostat (2023) evidenzia che l’Italia è al penultimo posto in Europa per competenze digitali di base, con solo il 46% della popolazione che possiede le competenze necessarie per navigare efficacemente nel mondo digitale. Parallelamente, un’indagine Ipsos (2022) mostra come il 70% degli italiani dichiari di informarsi prevalentemente attraverso i social media, un dato che evidenzia il ruolo cruciale di queste piattaforme nella formazione dell’opinione pubblica.
Tutto si tiene. Non possiamo affrontare la polarizzazione politica senza affrontare quella delle competenze, né possiamo ignorare il ruolo dei nuovi media nella. La soluzione passa attraverso una visione che coniughi educazione, regolamentazione tecnologica e responsabilità politica. Ma anche, nel presente, attraverso una significativa svolta nella comunicazione “non populista”, affinché la semplicità del linguaggio non tradisce la realtà. Faticoso, certo, ma l’alternativa è quella che abbiamo sotto gli occhi, un arretramento inarrestabile del discorso liberale, democratico e progressista.








