La pace è giusta o non è nulla. È il rispetto delle leggi e (addirittura) dell’umanità oppure può diventare la consacrazione di un sopruso. È la fiducia nella verità su aggressori e aggrediti o è la strada dei «fatti relativi» imposta dai nuovi signori del mondo. Venanzio Postiglione , (Corriere della Sera, 5.3.25) è netto. La pace e i mezzi per ottenerla, armi comprese, dividono la politica italiana ed europea. Eppure non ci sono pacifisti e bellicosi che si confrontano sul terreno. Nessuno vuole sentirsi accusare di attitudini belligeranti, né i pacifisti di apparire degli agnelli sacrificali, utili idioti o disposti al vassallaggio verso il più forte. Ma la buona fede in un campo o nell’altro bisogna cercarla con il lanternino. Con Donald Trump alla Casa Bianca, la formazione di un asse Usa-Russia sulla questione ucraina, è cresciuto vistosamente l’appeal dell’uomo forte al comando. Le intenzioni manifestate da Washington di annettersi la Groenlandia e Panama e modificare perfino la mappa geografica a favore dell’America statunitense, i decreti presidenziali illiberali da una parte e l’aggressività e illiberalità del regime russo ai suoi confini dall’altra, sembrano custodire…due cuori in una capanna. E’da questa realtà che bisogna partire.
Le onde emotive che i conflitti armati agitano tracciano il solco dentro di noi. Il risultato è che chi crede che la pace possa più proficuamente essere ottenuta da un bilanciamento delle forze in campo, per la complessità delle ragioni del conflitto e delle volontà dei contendenti, difficilmente raggiunge un consenso maggioritario con la conseguenza che alcuni partiti, a prescindere dallo schieramento tradizionale, non sposano la causa delle armi a spese della diminuzione delle tasse, l’assistenza sanitaria, l’istruzione ed i servizi.
La stagione della guerra fredda, va riconosciuto a denti stretti, regalò una pace basata sulla bilancia nucleare. Quando gli USA di Ronald Reagan alzarono la loro deterrenza, costringendo l’URSS a spendere ancora di più, il blocco sovietico andò al tappeto a causa di una grave crisi economica. Fu una resa senza condizioni, che l’attuale capo del Cremlino, allora figura emergente nel potente KGB, non ha mai digerito.
E’ vero, l’industria delle armi sta in piedi, e cresce, grazie alle guerre, se prevale l’ingordigia. Ma può contare sul bilanciamento delle risorse, se prevale il buon senso. L’Universo si fonda sull’equilibrio delle forze, è un principio ineludibile; e lo Stato si fonda sull’equilibrio dei poteri. Perché il bilanciamento dei mezzi bellici suscita un’avversione talvolta inspiegabile? L’Ucraina non avrebbe potuto resistere allo strapotere dell’invasore russo per tre anni senza un esercito ben addestrato e motivato e le armi degli alleati occidentali.
Chi pone l’accento sulla pace, appare disposto a fare molte rinunce ed enfatizza la necessità di fermare la strage di soldati e civili in Ucraina e di rimettere insieme i cocci di un’economia destabilizzata dalla guerra in Europa. Chi pone l’accento sul rispetto delle leggi e dell’umanità, sulla sicurezza e la fiducia della controparte, guarda con preoccupazione ad una Europa indifesa, per l’uscita degli USA dall’ombrello auropeo. Destinare risorse per le armi, a danno di investimenti per la sanità, il lavoro, i servizi, l’istruzione, incontra l’avversione di una larga parte del centrosinistra e di una significativa area della destra.
Forse dovremmo semplificare il problema per uscirne, ponendoci domande essenziali sulla Russia, che nella scena internazionale ha assunto un ruolo belligerante in molte parti del mondo, al pari degli Stati Uniti di oggi. Possiamo fidarci di Vladimir Putin e del suo imperialismo espansivo? Se la risposta è negativa, appare essenziale chiederci se possiamo contare sugli Stati Uniti di Donald Trump. Due risposte negative costringerebbero a considerare la difesa, e quindi le armi, una deterrenza ineludibile.
La pace passa attraverso le intenzioni di Putin e le convenienze di Trump. Il prodotto interno lordo della Russia è inferiore all’Italia. Si regge su una economia di guerra. La sua popolazione diminuisce di un milione di abitanti l’anno. E’una potenza nucleare temibile e fonda su di essa le sue relazioni internazionali, le alleanze, le aspirazioni nazionaliste, strategie economiche. Vladimir Putin, il Presidente della Federazione russa, è inamovibile. Venticinque anni al vertice di un regime autarchico illiberale; gli avversari politici e il dissenso sono puniti con il carcere e l’eliminazione fisica. L’imperialismo espansivo, la sua priorità strategica. Le terre rare e le fonti energetiche ucraine sono i concreti obiettivi di questo indirizzo politico. Le nazioni confinanti con la Russia temono che conclusa la guerra in Ucraina, tocchi a loro, ed hanno richiesto, come la Finlandia, l’ombrello della Nato.
L’Europa si è assunta la responsabilità di pensare a se stessa. Non basterà, lo schema di lavoro di Trump, che si fonda su sugli Stati Uniti e la Russia, crea un ordine internazionale diverso. Il compito dell’Europa è di parlare come un’unica sola nazione. E potrà dimostrarlo con la difesa europea. Le divisioni sono tuttavia emerse, ci sono le quinte colonne lavorano, nemmeno sottobanco, per sfasciare a favore di russi e americani. Miopia e tradimenti, è roba vecchia. Infine, ci sono le stranezze: sullo stesso fronte, quanto alle armi, si trova la Lega, 5Stelle e Verdi-Sinistra.







