L’espressione ingrugnita di Donald Trump nelle immagini pubbliche è una maschera nativa, mai dismessa. Non è casuale: è parte di una costruzione dell’immagine che trasmette autorità, decisione e, in un certo senso, una sfida costante. La Casa Bianca ha dato alla maschera una identità, nuova e non opponibile. L’ha valorizzata la maschera, ma non sempre. Talvolta sembra indossarla un clown triste, tal’altra un commediante che bluffa in modo scoperto. L’aria di sfida rischia di trasformarsi in aria beffarda, suscita forti pulsioni: odio, rabbia, acrimonia. Niente di buono. Il teatro non prevede cambi di postura, anzi, il grugno resta lo strumento privilegiato del capo dei capi. Atteggiamento mafioso, è legittimo pensarlo, ma i boss di Mario Puzo, i padrini portati in scena da Hollywood non tenevano le labbra strette, lo sguardo odioso, lasciavano un margine. La crudeltà e. la violenza si tingeva perfino d’ironia.
Il volto serio e spesso accigliato rientra nella retorica dell’“uomo forte”, un leader che non si lascia abbattere, che è sempre pronto al confronto e che vuole essere percepito come dominante. Questo tipo di immagine è tipica di leader populisti o di quelli che fanno appello a un’idea di potere basata sulla forza e sulla capacità di imporsi sugli avversari. Funziona con le grandi platee, che non hanno volto, occhi, facce. Non pensa, accoglie quel che appare alla superficie, non si fa domande,
Al contrario, i leader che si mostrano con cuccioli o in atteggiamenti affettuosi con gli animali (pensiamo ai presidenti che accarezzano i cani o alle regine che mostrano i loro corgi) vogliono trasmettere un’immagine di empatia, umanità e avvicinabilità. Questo tipo di rappresentazione crea un legame più emotivo con il pubblico e suggerisce qualità come la gentilezza e la compassione. Non è il nostro tempo, non è sintonia con il proposito di scandire la fine di tempo.Un cambio epocale. E’ questo che sio vuole trasmettere. Non ha niente a che fare con la realtà, con i fatti.
Quindi, la scelta tra “sguardo duro” e “foto con un cane” è tutta una questione di narrazione politica: Trump vuole essere percepito come un guerriero, non come un amico. In una cultura politica che premia la forza, la sua espressione ingrugnita è una dichiarazione di identità, che coinvolge luoghi istituzionali, fino a ieri presidio di democrazia.








