Il movimento arabo fondamentalista di Hamas, il 7 ottobre di due anni or sono circa, ha compiuto una strage di giovani israeliani, alla vigilia della composizione definitiva del cosiddetto Patto di Abramo con il chiaro scopo di fare saltare l’accordo, provocando una reazione dura d’Israele contro Gaza, il territorio governato da Hamas. I morti palestinesi erano messi in conto. Un sacrificio di sangue lungo la strada che dovrebbe portare alla cancellazione dello Stato ebraico. Il governo di estrema destra israeliano, guidato da Netanyahu, ha fatto ciò che Hamas si aspettava che facesse. Il suo esercito è entrato a Gaza per stanare Hamas: un massacro di civili, donne e bambini, senza eliminare i terroristi, nascosti nei tunnel. Gaza è diventato di una guerra asimmetrica: un esercito armato, moderno e dotato di ogni risorsa tecnologica, ed una milizia di combattenti senza scrupoli, che ha assistito allo sterminio della sua gente, indifesa e innocente. Nei seicento giorni di guerra le intenzioni dei contendenti si sono consolidate: Israele ha pianificato la deportazione dei palestinesi dalla loro terra, negli stati arabi, Hamas ha mantenuto la sua soluzione finale, cancellare lo Stato d’Israele. Le vittime di questa immane tragedia non sono i combattenti, ma i civili. All’orrore si aggiunge la crudeltà, il cinismo, l’assenza di umanità dei combattenti. Ai bombardanti si aggiunge infatti la morte per fame, sete, servizi, medicine, assistenza medica, che le parti utilizzano per i propri fini: Israele per costringere alla resa Hamas, e Hamas per mostrare al mondo le atrocità commesse dal nemico.
Il mondo ha assistito alla pianificazione della morte di un popolo senza far nulla, rimanendo silente e, perciò, di fatto moralmente complice. O, addirittura, continua ad inviare armi ad entrambi i contendenti, dall’Iran e non solo ad Hamas, dagli Stati Uniti ( e non solo) a Israele. Anche l’Italia fornisce armi, impedisce sanzioni, mantiene in vita accordi di cooperazione economica, scientifica, culturale con lo Stato d’Israele. I Paesi, come l’Italia, che hanno partecipato alle sanzioni contro la Russia, per fermare l’aggressione dell’Ucraina, verso Israele sono inerti.
L’inerzia affida a combattenti una decisione che non prenderanno mai, perché entrambi non. derogano dal fine che si sono previssi: la cancellazione del nemico. Israele ha reagito per ora la stessa intenzione: cancellare il popolo palestinese. E’ una guerra all’ultimo sangue, insomma.
Il governo italiano maschera con i suoi timidi rimproveri in Parlamento l’affinità politica con Netanyahu e il suo esecutivo, e con Donald Trump.
Le opposizioni hanno deciso di promuovere una manifestazione nazionale a favore del popolo palestinese di Gaza per fare pressione sul governo italiano e l’Europa affinché rompa ogni rapporto di cooperazione economica e scientifica con Israele.
C’è un’area dell’opposizione, non maggioritaria, che pretende la chiara individuazione dalle responsabilità dello sterminio, Israele. Una democrazia ha ben maggiori doveri, responsabilità politiche e morali di un gruppo terroristico. Il tradimento di Hamas verso il popolo palestinese, il suo popolo, è tuttavia di un orrore inaudito. Le due parti meritano l’esecrazione entrambi, chiara, netta, ineludibile. Sembra tutto chiaro, ma non lo è. I distinguo ci sono anche qui.
Le ambiguità non ancora rimosse. Ambiguità che in un orizzonte più ampio ci mostrano una destra di governo contraria ad ogni iniziativa sanzionatoria che nasconde una intesa politica con i responsabili dello sterminio, e l’altra che, lasciando ai margini Hamas e mettendo nel mirino solo Israele, sembra scontare un antisemitismo inconfessabile latente.
Queste ambiguità permangono nel teatro di guerra europeo. Nel Parlamento italiano i pacifisti si eclissano davanti all’invasione russa. Putin ottiene comprensione e l’Alleanza Atlantica sale sul banco degli imputati. Le vittime ucraine valgono meno?
Anche la militanza di destra, alimentata dall’antico anatema fascista contro la perfida Albione, ed una insospettabile piccola folla di nostalgici dell’Impero sovietico, attive sulla rete guarda con simpatia Vladimir Putin. Ci tocca ancora una volta di citare Mao: c’è tanta confusione sotto il cielo. E’ auspicabile che i distinguo, davvero osceni rispetto alle ragioni nobili della mobilitazione di piazza, restino a fermentare nella testa dei possessori di verità inconfutabili e passioni laceranti, e lascino comandare le ragioni del cuore: umanità, giustizia, diritto alla vita.
 
			 
			







