Senza inventarsi una bella cospirazione non si costruisce nessuna leadership in Italia. E’ un fenomeno immanente. Salvatore Merlo sul Foglio è radicale, non a torto. E a proposito della sceneggiata napoletana Sangiuliano-Boccia, scrive di essere convinto, a conferma della sua tesi, che gli uomini e delle donne che a destra abbiano piuttosto autocomplottato
Il complottismo è un fenomeno che, come suggerisce Salvatore Merlo sul Foglio, sembra essere parte integrante della cultura politica italiana. Più che un semplice strumento occasionale, l’idea che dietro agli eventi politici vi siano complotti nascosti, manipolazioni o intrighi è diventata una sorta di metodo per consolidare leadership e costruire consenso. Esplorare le radici storiche, il contesto culturale e le implicazioni contemporanee di questo fenomeno può essere utile per comprendere il presente così ricco…di emozioni.
Il complottismo come fenomeno non è esclusivo dell’Italia, ma nel contesto italiano assume caratteristiche specifiche legate alla lunga storia politica del paese. Dalle lotte risorgimentali, attraverso il fascismo e gli anni di piombo, fino all’attuale contesto politico, le teorie cospirative hanno sempre avuto un ruolo cruciale nella costruzione della leadership e nella legittimazione del potere. Anche oggi, il complottismo continua a essere utilizzato per alimentare il consenso e gestire i conflitti interni alle fazioni politiche. In un sistema politico complesso e frammentato come quello italiano, il sospetto di complotti sembra essere diventato un elemento immanente del discorso pubblico.
Già durante il Risorgimento, l’Italia era teatro di lotte sotterranee tra diverse fazioni, dai monarchici ai repubblicani, passando per i socialisti e gli anarchici. Le cospirazioni erano una realtà e di esse si aveva una percezione diffusa tra i vari attori coinvolti.Durante il processo di unificazione, molti sostenitori della monarchia borbonica o dei governi preunitari vedevano nella nascita dello Stato italiano un complotto orchestrato dalle potenze straniere, in particolare la Francia e il Regno Unito, e dalle élite massoniche. Da allora, il sospetto che forze occulte tirassero i fili della politica italiana non ha mai abbandonato l’immaginario collettivo. Con l’ascesa di Mussolini, il complottismo divenne una componente centrale della propaganda fascista. Il regime utilizzava il concetto di “nemici interni” per giustificare misure autoritarie e repressioni. Gli oppositori politici venivano dipinti come cospiratori al servizio di potenze straniere o di ideologie nemiche, in particolare il comunismo e l’ebraismo internazionale, riprendendo teorie già diffuse a livello europeo.
Con la nascita della Repubblica nel 1946, il complottismo non scomparve, anzi si adattò ai nuovi contesti politici. Durante gli “anni di piombo” (1969-1980), il terrorismo politico sia di sinistra che di destra fu spesso interpretato attraverso la lente del complotto. In particolare, molte teorie complottiste emersero attorno alla cosiddetta “strategia della tensione”, un presunto piano orchestrato da servizi segreti italiani e stranieri (come la CIA e la NATO) per destabilizzare l’Italia e mantenere un controllo politico sul paese.
Sull’uccisione di Aldo Moro nel 1978 da parte delle Brigate Rosse numerosi teorici hanno ipotizzato che Moro sia stato vittima di un complotto internazionale per impedire il compromesso storico tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano. A distanza di decenni, ancora oggi molti credono che dietro la vicenda vi siano forze oscure mai del tutto rivelate. La fine della Prima Repubblica nei primi anni ‘90 fu un altro momento di grande fermento complottista. Molti leader politici accusarono il sistema giudiziario e i media di aver orchestrato un complotto per distruggere la classe politica tradizionale. Altri, invece, ritenevano che il processo di Mani Pulite fosse manipolato da interessi economici internazionali per aprire l’Italia a nuove dinamiche globali.
Nell’Italia contemporanea, il complottismo continua a svolgere un ruolo centrale, spesso come strumento di lotta politica e di legittimazione del potere. L’ascesa del Movimento 5 Stelle (M5S) è stata accompagnata da una retorica fortemente complottista. Il movimento ha fatto ampio uso del concetto di “élite corrotte” che complottano contro il popolo, accusando l’establishment politico ed economico di voler mantenere lo status quo a scapito dei cittadini comuni. Questa narrazione ha contribuito significativamente al successo del M5S, creando un’identità politica basata sulla lotta contro cospirazioni percepite.
La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente alimentato teorie complottiste in Italia, come in molti altri paesi. Alcuni esponenti politici hanno sfruttato il malcontento e l’incertezza generata dalla pandemia per promuovere teorie del complotto, accusando governi, istituzioni sanitarie e organismi internazionali di manipolare la situazione per ottenere potere o controllo sulla popolazione.
Come suggerito da Salvatore Merlo, anche gli scontri interni alla politica italiana possono essere letti come manifestazioni di un atteggiamento complottista. Nel caso della “sceneggiata napoletana” tra Sangiuliano e Boccia, Merlo sottolinea come le fazioni politiche di destra utilizzino il complottismo come uno strumento di auto-legittimazione e lotta interna. Siamo nel solco di una tradizione del resto, secondo la quale gli scontri tra leader politici vengono presentati non come semplici baruffe di palazzo o cadute di stile di personaggi politici in vista, ma come il risultato di cospirazioni e manovre sotterranee volte a destabilizzare o conquistare il potere.
Il complottismo non è solo una manifestazione di sospetti diffusi, ma anche un meccanismo per la costruzione della leadership politica in Italia. In un contesto in cui la fiducia nelle istituzioni è spesso scarsa, le teorie del complotto offrono ai leader politici uno strumento potente per mobilitare il consenso e delegittimare gli avversari. Le teorie complottiste sono efficaci nel mobilitare le masse, soprattutto in tempi di crisi o incertezza. Offrono una narrazione semplice e chiara, in cui esiste un nemico identificabile e facilmente attaccabile. In questo modo, il leader che denuncia il complotto si presenta come l’unico in grado di difendere il popolo. Se tutto è il risultato di cospirazioni e intrighi nascosti, diventa difficile distinguere la realtà dai sospetti, e le decisioni politiche rischiano di essere prese in un clima di paranoia e sospetto.
Questa ricostruzione delle teorie del complotto non possono essere lo sbianchettamento di crimini e feroci guerre di conquista del potere combattute con ogni mezzo e di interferenze di potenze straniere nelle vicende italiane, specialmente nel dopoguerra, negli anni settanta e novanta. I misteri italiani se i crimini senza giustizia né verità sono ancora tanti. Un oceano di tenebre nel quale nuotano gli squali, maestri del complotto.
 
			 
			







