Secondo quanto riportato da fonti giornalistiche, tra cui il quotidiano La Repubblica, le nuove rivelazioni raccolte dalla Procura di Palermo suggeriscono un ulteriore rafforzamento dell’ipotesi che Nino Madonia sia stato uno degli esecutori materiali dell’uccisione del Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella. Madonia è figura di spicco del mandamento mafioso di Resuttana ed avrebbe intrattenuto legami con apparati dello Stato deviati.
La riapertura delle indagini sull’assassinio di Piersanti Mattarella potrebbe perciò farci conoscere inquietanti verità sui molteplici moventi e sulle intricate dinamiche che hanno caratterizzato quel tragico delitto politico del 6 gennaio 1980. L’iniziativa giudiziaria può rivelarci i reali mandanti dell’assassinio, la possibile convergenza di interessi tra Cosa Nostra, settori deviati dei servizi segreti italiani.
Il profilo di Madonia si presta a una lettura che trascende il semplice ruolo di killer: egli sarebbe il punto di contatto tra la tradizionale strategia mafiosa di controllo del territorio e le manovre destabilizzanti orchestrate da forze esterne, interessate a preservare un sistema di connivenze e influenze politiche. Di fatto un lungo tratto della storia italiana, e non solo, è stata finora sbianchettata, ignorata, protetta da una cortina fumogena.
Mattarella, come Aldo Moro, rappresentava un modello di apertura politica che sfidava le dinamiche di potere consolidate. La sua volontà di includere il Partito Comunista Italiano nel governo regionale e il suo impegno contro la corruzione e l’infiltrazione mafiosa nelle istituzioni rappresentavano una minaccia esistenziale per Cosa Nostra, allora in piena ascesa. Non a caso, il delitto avviene in un periodo di crescente violenza mafiosa, con numerosi omicidi eccellenti tesi a preservare il controllo dell’organizzazione sul sistema politico e sociale.
La presenza di rapporti tra i Madonia e settori deviati dei servizi segreti è una delle piste più inquietanti emerse dalle inchieste. Questa convergenza, che si sviluppa già negli anni Settanta con episodi come gli attentati del periodo natalizio del 1970, denota una strategia più ampia, volta a destabilizzare le istituzioni democratiche italiane. La mafia, in questo contesto, potrebbe aver agito come braccio armato di interessi esterni, favorendo il mantenimento di equilibri politici favorevoli a potenze straniere collegati a gruppi di potere nazionali.
L’ipotesi che il delitto Mattarella rientri in un quadro di destabilizzazione geopolitica è corroborata dall’omicidio di Aldo Moro e altri crimini. Entrambi erano fautori di una svolta politica che mirava a sdoganare il Pci come forza di governo e una alleanza tra le forze cattoliche e comuniste, che Enrico Berlinguer battezzò come compromesso storico, una prospettiva invisa non solo alla mafia ma anche a gruppi di potere internazionali interessati a mantenere l’Italia in una posizione di subalternità strategica durante la Guerra Fredda.
La Sicilia degli anni Ottanta appare come un laboratorio di destabilizzazione politica, dove la mafia, con l’uccisione sistematica di figure di primo piano della magistratura, delle forze dell’ordine e della politica, funge da strumento per interessi più vasti. La figura di Madonia si colloca al centro di questa rete, come sicario e intermediario, capace di coniugare brutalità criminale e relazioni con settori istituzionali corrotti.
La possibilità di dimostrare la responsabilità diretta di Madonia nel delitto Mattarella potrebbe portare a una revisione complessiva delle dinamiche che hanno caratterizzato quel periodo oscuro della storia italiana. Inoltre, l’emersione di legami con i servizi segreti deviati rafforzerebbe la tesi di una collaborazione organica tra mafia e Stato deviato, aprendo nuovi scenari sull’intreccio tra potere criminale e politica, con potenziali conseguenze sugli attuali scenari politici.
Le implicazioni internazionali legate all’omicidio di Piersanti Mattarella si inseriscono in un contesto geopolitico dominato dalla Guerra Fredda, in cui l’Italia, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, rappresentava un campo di battaglia cruciale per le potenze globali e i loro interessi ideologici, economici e politici. L’ipotesi che il delitto possa avere radici internazionali si collega principalmente a tre dimensioni: la destabilizzazione politica interna, l’influenza delle potenze straniere, e il ruolo di Cosa Nostra come intermediario in un gioco di potere più ampio.
			
			







